giovedì 31 luglio 2008

Un sorriso per ogni lacrima... di Alessandro Di Meo


Prefazione di Fabio Alberti - presidente di Un ponte per...

Capita, a chi opera nella realizzazione di progetti di solidarietà, di vedere dopo un po’ le cose con una certa distanza. Un po’ come il medico che non si lascia coinvolgere dalle sofferenze del paziente perché pensa che, per fare bene il proprio lavoro, sia fondamentale mantenere freddezza e distanza.
Capita allora che le persone per le quali e con le quali si lavora, comincino ad essere chiamate “beneficiari”, che i progetti di solidarietà divengano “budget, quadri logici e cronogrammi” e che, insomma, la Solidarietà, intesa come un qualcosa fatto innanzitutto di calore, si perda per strada lasciando il posto solamente ai “risultati attesi”. Le persone non si riesce più a vederle. Per altri versi è un po’ quello che succede a chi valuta gli avvenimenti internazionali solo con la lente della geopolitica. Anche qui le persone scompaiono e restano solo i “popoli”, anzi spesso solo gli Stati e prima di chiedersi quali conseguenze un fatto potrà avere sulla vita quotidiana delle persone, ci si chiede che impatto abbia sullo scenario politico internazionale. La domanda non è più: “Come sta?”, ma si trasforma in: “Da che parte sta?”.
Non è così per Alessandro Di Meo.
Lo sa chi lo conosce, ma lo si capisce bene leggendo queste sue pagine, che sono il portato di anni di impegno, con “Un Ponte Per...”, in Serbia.
Alessandro in questo libro non parla mai di “beneficiari”, parla di persone, con nomi e cognomi, volti sorrisi, pianti. E non parla solo di “loro”. Parla di se stesso, delle sue emozioni, delle relazioni intrecciate in anni di attività, della rabbia, dell’amore, dell’amarezza, della speranza. Ci ricorda che cooperazione è scambio e non dono.
Questo libro racconta, quindi, della Serbia che Alessandro ha conosciuto attraverso le attività che, insieme ad un gruppo di volontari, ha realizzato in questi anni. Anzi dei serbi che ha conosciuto, anzi, meglio ancora, delle persone che vivono in Serbia, perché Alessandro non fa mai una questione di nazione e non cede a quella tendenza romantica ad iconizzare intere popolazioni arruolandole in massa negli eserciti dei “buoni”, o dei “cattivi”. Le persone sono sempre al centro della sua attenzione.
Non si pensi per questo che questo libro sia meno “politico”.
Al contrario è proprio a partire dalle storie che vengono raccontate che il libro costituisce una denuncia chiara, senza appello, della aggressione della Nato alla (allora) Jugoslavia e della responsabilità che l’Italia si è addossata partecipandovi e, poi, disinteressandosi del tutto delle conseguenze di quella guerra; innanzitutto l’aver creato centinaia di migliaia di profughi e favorito una vera pulizia etnica là dove dichiarava invece di volerla evitare, sino alla affrettata dichiarazione di riconoscimento della separazione unilaterale del Cossovo, mina vagante potenzialmente foriera di ulteriori tragedie nel cuore dell’Europa. "

Nero compagno...


Insonne, la notte,
a lasciare porte aperte,
aspettando il tuo ritorno...

Teso e nervoso, il rientro a casa,
dopo i giorni del riposo,
a cercare una linea nera, lontana,
apparire...

Nell'ansia del dubbio,
la tua immagine negli occhi
brillava il cuore
e strappava il sorriso...

Mi hai fregato mille volte,
entrando da quella porta
che lasciavo socchiusa...

Oggi, abbatterei muri,
spianerei colline,
infrangerei barriere,
solo per vederti tornare,
vecchio amico del cuore...

Tu, cantavi...
con un semplice gesto e io con te,
la canzone del tuo nome.
La tua voce, così rara a sentire,
l'avrei stanata fra mille!

Nel vento, da oggi,
comincerò a cercare...

Nero compagno,
di un Rosso sentimento,
ti ho pianto e per sempre
quella prima volta,
in cui ti ho visto morire.

Ora, che le tue vite sembrano finite,
non più.
Perchè io... io... IO!
te ne lascerò ancora una, per il Sogno.
Dove sempre, io e te...
ci faremo compagnia.