Premessa.
“Oggi sono andato al Forlanini a donare piastrine. Ci andiamo in molti, fin dai tempi del ricovero in Italia di Marko Milanović, malato di Anemia Aplastica ma oggi bel ragazzo 22enne che se la vive, guarito, a Kraljevo. Arrivò che aveva 12 anni, una mattina di novembre del 2002…
In auto, in mezzo al traffico delle 8, ascolto alla radio la rassegna stampa di Radio Città Aperta. Fa sempre bene al cervello ascoltarla, un punto di vista davvero necessario e insostituibile.
Nella sala donatori intitolata all’amico Cesare Del Monte, al tempo di Marko responsabile delle Aferesi (donazioni di plasma e piastrine per malati di malattie del sangue), c’è una novità: un bel televisore! Ci sono le trasmissioni del mattino, quelle che fanno spesso tanta rabbia. Forse, serve per far alzare la pressione ai donatori. In studio, infatti, arriva un prete che chiede un sms da 2 euro per non so cosa. Poco prima, a Radio Città Aperta, avevano parlato degli intrighi legati allo IOR, la potentissima banca del Vaticano che papa Francesco vorrebbe riformare e che la magistratura italiana vorrebbe commissariare. Insomma, da una parte la richiesta dell’obolo, dall’altra gli scandali legati alla gestione degli oboli.
Allora mi viene in mente che avrei tutto il diritto di iniziare questo racconto di viaggio chiedendo anche io un obolo. Dai 2 ai 5 euro, ché non sono troppi. Siete qualche centinaio e Un Ponte per… non ha Banche alle spalle né fondi sufficienti (anche se sempre si trova chi insinua il contrario...), per organizzare le cose che leggerete nel racconto. Solo tanta volontà.
Non vi preoccupate, vi rendiconteremo fino all’ultimo centesimo! Leggete e poi, se volete, versate con semplice conto corrente o bonifico. Che ci vuole? Da 2 a 5 euro, causale: C’è un bambino che… 2013!”
***
Finalmente si realizza questo viaggio da tempo in
cantiere ma rimandato più volte per vicissitudini varie. Stavolta si va in
macchina. Bagagliaio pieno di vestiario da consegnare a famiglia di amici che,
a sua volta, lo smisterà a famiglie indigenti e due computer, assemblati con
pezzi di recupero ma ben funzionanti, da donare a due nostri giovani amici
negli anni ospitati in Italia.
Partiamo alle 7 dalla stazione metro Anagnina, arriveremo a Kraljevo alle 23 e 30. L’obiettivo della missione è incontrare i nostri partner in Serbia, raccogliere informazioni sui sostegni a distanza, verificare lo stato di alcune iniziative come il progetto che riguarda lo scavo di pozzi per famiglie serbe che vivono in Kosovo e Metohija, pianificare altre iniziative di ospitalità con i diretti interessati.
Per la prima volta da quando mi occupo di ex Jugoslavia e profughi Serbi in
associazione, quindi dal 1999, ho il piacere di vedere al mio fianco una figura
“istituzionale” di UPP. Tocca a Domenico, direttore di UPP da qualche anno,
colmare questa lacuna alla quale avevo fatto l’abitudine. Per lui, è un viaggio
anche di memorie da rivisitare, vista la sua esperienza in Kosovo subito dopo i
bombardamenti della Nato. Vorrebbe incontrare un suo amico dell’epoca, un prete
cattolico albanese . Sarebbe utile anche per scambiare qualche idea sulla
situazione in questo Kosovo albanese e musulmano, dove i serbi e gli ortodossi
fanno davvero fatica a vivere o a tornare. Ma i monaci, che lo conoscono e che
ci danno il contatto di suoi collaboratori, ce lo segnalano lontano da Vitina,
dove pure passeremo per un vero e proprio “amarcord”. Così rinunciamo a
cercarlo. Sarà per la prossima volta.
Il giorno 28 siamo con la Croce Rossa di Kraljevo che ci porta in visita a 5 famiglie sostenute a distanza con il progetto “Svetlost, luce sui bambini invisibili” e per le quali abbiamo bisogno di maggiori informazioni. Veniamo particolarmente colpiti dalla situazione di Danilo Komatina, un ragazzino di 7 anni che vive a Grdica con la mamma Jasna, rimasta vedova da un anno e mezzo. Suo marito, Miodrag, 45 anni, il 20 ottobre del 2011 era tornato in Kosovo e Metohija, a Dobruša, nei pressi di Peć, con altri suoi amici per rivedere le sue proprietà. Era fuggito nel giugno del 1999, come la maggior parte dei serbi, cacciati dal primo pogrom antiserbo, avvenuto con l’ingresso delle truppe Nato dopo gli accordi di Kumanovo, che sancirono la fine dei bombardamenti “umanitari”.
Quando ha visto che sulle sue proprietà vivevano albanesi a lui sconosciuti, ha
chiesto cosa facessero lì. La risposta è stata un colpo d’arma da fuoco che lo
ha ammazzato all’istante, mentre altri due suoi amici sono rimasti feriti a
braccia e gambe. L’assassinio si inserisce nel quadro più generale di violenze
contro i serbi che tentano di rientrare o che solo pensano di farlo. E come
tutti gli altri analoghi episodi di violenza (secondo i dati del Ministero
serbo per il Kosovo, oltre 1300), anche questo è rimasto impunito.
Camminando intorno casa, metteva tanta tristezza vedere tutto quel materiale edilizio accatastato, fatto di pannelli per l’isolamento termico, mattoni, laterizi, tubazioni… andare lentamente in rovina. Erano i progetti di Miodrag per rendere quella casetta di Grdica più vivibile e confortevole per la moglie e per il piccolo Danilo.
Adesso per Jasna è davvero difficile trovare soldi e,
forse, anche voglia per eseguire quei lavori. Si potrebbe organizzare una
raccolta fondi specifica, ci si potrebbe attivare, come volontari, anche perché
difficilmente questo tipo di interventi viene finanziato da Cooperazione o
Ministeri. Proveremo a parlare alle persone, cercando solidarietà da trasferire
a questa donna, così sfortunata e in difficoltà.
Intanto Danilo disegna. E’
bravo e gli piace molto. Paola, con un bel pensiero, gli comprerà dei colori
che Danilo e Jasna ritireranno in Croce Rossa nei giorni a venire. Jasna ne
resterà commossa e Danilo disegnerà per Paola…
Visitiamo la scuola “Olga Milutinović”, nel villaggio di Drlupa, dove ci
aspettano i fratellini Todorović, Milan e Ivan di 12 e 10 anni. Sono stati in
Italia, lo scorso anno, a Celle Ligure, vicino Genova. Andiamo a casa loro con
Marica Komatović, una loro maestra. Il padre, Milenko, che faceva il cuoco
nella mensa della fabbrica di elettrodomestici Magnohrom, oggi in profonda
crisi, ci accoglie con rakija e una tavola imbandita. Per lui, abbandonato
dalla moglie mai più tornata neppure per vedere i figli, è una gran gioia
averci come ospiti e noi non possiamo rifiutare tanta accoglienza sincera, in un’atmosfera
così amichevole.
Andiamo in visita anche a casa di Kača Radulović, dove parliamo un po’ col padre. La “costringiamo”, scherzando, a scrivere un messaggio per la famiglia che la sostiene a distanza. La mamma è morta da un paio di anni e la loro situazione economica è andata progressivamente peggiorando, dopo aver raggiunto un livello, al contrario, più che dignitoso. Ma la voglia di vivere, l’entusiasmo dei 14 anni di Kača, che ben conosciamo (è stata pure lei in Italia, lo scorso anno, in vacanze organizzate da UPP - vedi:
http://www.youtube.com/watch?v=MBhvERLnGDk&feature=BFa&list=PLHHUp3Ywz2bfHRu9z56WXStpi3lF1ascv), è contagioso e non ci si può lasciar andare.
Kača è una ragazza molto intelligente, socievole, orgogliosa. A scuola le insegnanti sono molto contente di lei. Kača frequenta con passione la scuola di Farmacia. La mattina della nostra visita era insonnolita perché la sera prima aveva festeggiato la fine della scuola. La ragazza è molto legata al suo cagnolino che la segue dappertutto. La malattia del padre per ora sembra essersi stabilizzata, ma probabilmente dovrà ricevere ulteriori terapie. Attualmente la sua patologia non gli permette di lavorare.
Altra famiglia visitata è quella di David Bažić, ragazzino che ha perso entrambi i genitori. David è un bambino molto responsabile, a scuola è bravo e le maestre sono contente dei suoi voti. Avendo perso entrambi i genitori il bambino è stato affidato al cugino della mamma. Ma a prendersi davvero cura di David è la moglie, cugina acquisita, poiché il marito è malato. L’uomo riceve una piccolissima pensione di invalidità e a causa della sua malattia non può svolgere alcun tipo di lavoro. La cugina ci ha raccontato come il bambino sia ancora sotto shock per la morte della mamma avvenuta nel 2011. Malata di tumore, è deceduta a causa di un attacco al cuore. Quando i parenti hanno allontanato David perché la mamma stava morendo, il piccolo non voleva saperne di lasciarla. Quel distacco forzato ha provocato in lui tanta rabbia, che ancora oggi non passa. La famiglia si prende cura con amore di David, timido ma sorridente. Come tanti bambini della sua età ama giocare a calcio e segue i campionati con grande interesse.
Infine, andiamo da Marijana Radović, una bambina molto socievole e allegra. A scuola, sia nelle materie letterarie che in quelle scientifiche, ha il massimo dei voti. Marijana ha una grande passione per gli animali e ci mostra i gattini nati da poco. Con lei, la sorella gemella Maddalena e il fratello più piccolo che fa la prima elementare. Vivono con la nonna che ha più di settanta anni. Il padre ha abbandonato la famiglia e, dalla sua fuga, non si è più curato dei figli. La mamma non lavora , saltuariamente riesce a guadagnare qualcosa come donna delle pulizie.
La situazione economica è drammatica. La madre ci ha raccontato
che ai suoi figli è stata negata l’assicurazione medica poiché la nonna
possiede un pezzo di terra che anche loro coltivano, ma che non basta certo a
coprire tutte le spese.
Fra una visita e l’altra assistiamo a Kraljevo, alle gare di Primo Soccorso. Squadre di ragazzi si sfidano in queste pratiche così importanti per chi subisce un incidente o si sente improvvisamente male. Il tutto è organizzato dalla Croce Rossa, con un vero e proprio torneo che dura tutto il giorno. I vincitori andranno alle finali nazionali.
Il 29 partiamo per il Kosovo. Con noi, viene anche Vesna Marković, della Croce Rossa di Kraljevo, che già ci ha accompagnato nelle visite di ieri. Sarà molto utile nei dialoghi e nella risoluzione di problemi alle nuove frontiere fra Serbia e Kosovo. Raggiungiamo il monastero di Draganac, situato fra Novo Brdo e Gnjilane, nel pomeriggio. Ci intratteniamo con padre Ilarion a parlare dell’iniziativa di ospitalità al mare, in Grecia, per 25 ragazzine con relative accompagnatrici. Andranno a casa della madre di Ilarion, che vive a Tessalonica e che potrà ospitarle a gruppi di 5 o 6. Il viaggio sarà garantito dai fondi a disposizione del vescovo, al quale Ilarion ha fatto esplicita richiesta. La madre di Ilarion, Danica, metterà a disposizione casa, noi contribuiremo per il vitto e qualche escursione. In tutto dovrebbe costarci poco meno di 3 mila euro. Intanto, padre Justine ci delizia con una sua piacevole conversazione con gli usignoli che cinguettano nei boschi che circondano il monastero. Novello san Francesco d’Assisi, parla alla perfezione il loro linguaggio. Un mistero rimarrà ciò che si son detti…
Discutiamo pure della possibilità di collaborare con altri donatori serbi, nella risistemazione di alcune scuole dei villaggi dove Ilarion ha insegnato quest'anno. Riscaldamenti, ripavimentazione interna ed esterna, isolamenti termici, spazio giochi, acquisto di un auto 4 x 4 che possa accompagnare a scuola i bambini più isolati che vivono in zone pericolose, specie nei mesi invernali. Queste sono le opere previste, alcune delle quali già in fase di realizzazione. Il nostro badget è all’osso, ma cercheremo di farne un progetto da farci finanziare inserendo campi di lavoro estivi per studenti liceali italiani.
Parliamo con Ilarion della nostra decisione di non collaborare più (e di quella mia di togliermi dalla lista dei soci fondatori), prendendo decisamente le distanze dall’associazione “Amici di Dečani”, dichiarandoci certamente amici di Dečani e di tutti i monasteri del Kosovo e della Metohija, ma senza dover necessariamente passare attraverso questa associazione, della quale non condividiamo più il percorso a causa di gravi fraintendimenti su nostre attività passate (progetto pozzi, iniziativa ospitalità Anzio 2012) e su alcuni loro rapporti con Onlus legate a movimenti fascisti, xenofobi, razzisti e violenti, con gli ultimi tre aggettivi resi superflui dal termine “fascisti”. Ma è per ribadire e puntualizzare, cosa che non guasta mai...
Ripartiamo il 30 mattina presto dal monastero, dove siamo stati ospiti. Accompagniamo Ilarion lungo la strada, dove ha appuntamento con amici che lo porteranno a Belgrado. Troviamo il tempo per vedere alcune scuole interessate dal progetto prima accennato.
Passiamo per Vitina, alla ricerca del tempo andato. Domenico ricorda i tempi del post bombardamento e ci parla di quella situazione, di quei giorni, delle tante iniziative ed esperienze vissute. Il tempo per un caffè e raggiungiamo Dečani, dove padre Isaja ci aspetta. Arriviamo per le 11, il tempo di salutare, ricevere il benvenuto da lui, Nifont, Petar e partiamo con il fuoristrada, dagli ammortizzatori discutibili, in dotazione al monastero e che Isaja guida come fosse a Le Mans!
Visitiamo alcune famiglie sostenute a distanza, mentre
un paio, che non abbiamo mai incontrate, Isaja vuole farcele conoscere. Sono di
strada, vivono a Klinavac, nei pressi di Klina. Milosav Vidić, ci accoglie
nella modesta casa dove vive con la moglie e con la piccola Ivana, 8 anni, che
sorride poco ma scruta tutti i nostri movimenti, quasi a schedarci uno a uno.
Alla fine un po’ si scioglie, ma la sua diffidenza resta…
Passiamo dalla famiglia Pesić dove conosciamo i quattro fratellini Ivana, Bojana, Jovana e il piccolo Pavle. Era una famiglia benestante, gestivano una kafana (ristorante) e una falegnameria. Tutto è andato perduto a causa delle violenze subite. Due delle bambine ci offrono un piccolo spettacolo canoro. Cantano bene e la canzone del Fiore Rosso (la peonia, Božur, che la leggenda vuole cresca di un colore rosso intenso solo qui in Kosovo, per il sangue versato dai martiri nelle battaglie contro l’invasore turco), commuove tutti.
Ci raccontano come il cimitero serbo ortodosso, molto antico, qui a Klina sia
stato distrutto e che basterebbe vedere quello albanese, nuovo, con pochissime
tombe perché qui a Klina abitavano in prevalenza serbi, per capire che la
pulizia etnica è stata feroce e che l’espulsione dei serbi, da sempre qui
residenti, ha solo permesso l’arrivo di gente estranea che, in un modo o
nell’altro, come abbiamo potuto constatare per il povero Miodrag, si è
impadronita di tutto.
Visitiamo, a Koš, la famiglia di Zvonko Lazić dove vive la piccola Anastasija, nove anni, che sosteniamo a distanza e dove abbiamo realizzato un pozzo. Ci rendiamo conto della grande utilità della realizzazione, anche se, nel caso specifico, l’acqua non è moltissima. Vorrebbero anche loro, come tutti gli altri, offrirci rakija e da mangiare, la loro ospitalità è coinvolgente. Ma non possiamo sempre e così, a volte, siamo costretti a rifiutare. “Sarà per la prossima volta, drugi put, ajde!”
Da Petko Miletić, famiglia già visitata altre volte, il pozzo è stato scavato ma l’acqua non è stata trovata, a differenza degli altri siti. Padre Nifont e padre Isaja ci forniranno la mappatura dei prossimi interventi che vanno terminati entro l’anno in corso per rispettare il finanziamento che la chiesa Valdese ha approvato e per poter relazionare anche tutti gli altri sostenitori che hanno accolto con entusiasmo il progetto.
Infine, sempre a Koš, visitiamo la famiglia di Radovan Popović, che conosciamo.
Stefan, il figlio più grande, vorrebbe seguire le orme del fratello, in USA per
una borsa di studio vinta. Vorrebbe andare via ma Isaja lo esorta a resistere,
a non considerare la vita come nostra esclusiva proprietà, ma in relazione alla
storia di un popolo, di una terra. Questa è la forza dei monaci, che si sentono
piccolo anello di una più grande e forte catena che da secoli cerca di
contrastare la forza negativa che vorrebbe spezzarla. Non sarà una lotta
facile.
La sera partecipiamo alla funzione del giovedì, molto intensa e suggestiva. Porteremo Paola e Vesna al patriarcato di Peć, dove dormiranno. Per loro a Dečani non c’era posto. La sera avremo un incontro molto costruttivo e franco con padre Andrej, che ci racconterà della nuova scuola di Teologia a Prizren, che lui manda avanti fra enormi difficoltà. Per i monaci è importante che in quella scuola entrino giovani serbi del Kosovo e della Metohija, ritenendo inadatti gli altri dalla Serbia: “Non resisterebbero molto a vivere in queste condizioni!”, dice Andrej, riferendosi alla pericolosa situazione dei Serbi in Kosovo.
Il giorno dopo facciamo ritorno a Kraljevo, ma prima passiamo per Osojane, sulla strada che da Peć porta a Kosovska Mitrovica, dove incontriamo Sonja Vuković, già in Italia come accompagnatrice e futura accompagnatrice del gruppo di Ilarion in Grecia. Le parliamo della possibilità di portare un gruppo di minori in Italia, al mare. Lei sarebbe felice di far uscire dall’isolamento dei ragazzini che frequentano la sua scuola, dai 12 ai 14 anni. Ci stiamo lavorando con altre realtà della provincia romana, speriamo di risolvere tutto entro giugno e portare a tre i gruppi che, col nostro contributo, con la nostra attività, col fatto che ancora esiste un’associazione come Un Ponte per… che non li dimentica non solo idealmente ma anche nel concreto... potranno vivere dei momenti di allegria e spezzare per qualche giorno la difficile e pesante quotidianità di una vita davvero all’estremo.
Tornando a casa, passeremo ancora per Kraljevo, dove con Novka, la mamma di Marko Milanović, parleremo della drammatica situazione lavorativa e sanitaria di Kraljevo e di tutta la Serbia. Una sua amica si è suicidata da poco, travolta dalle difficoltà economiche e da uno stato sociale in dissoluzione. Molti suoi colleghi si sono ammalati con linfomi e altre malattie tumorali. Ma troviamo spazio e tempo anche per scherzare. In fondo, siamo ormai fratello e sorella! Ci salutiamo non prima di aver caricato in auto la solita quantità di rakija, miele, ajvar e dei pacchi per i ragazzi che studiano in Italia, Ceca, Sonja e Miloš.
Belgrado è di strada, ma non stiamo bene. Una brutta influenza ci accompagnerà lungo tutto il viaggio di ritorno. Troviamo però il tempo per fermarci, c’è un incontro che non posso rimandare. Ancora incontri, ancora parole, ancora problemi e difficoltà. Ma sulla via del rientro a casa, prima di arrivare in Italia, a confortarci l’ironia di una frase di padre Isaja, che volentieri ricordiamo…
“La vita è una cosa difficile... ma passerà!”.
Per contribuire:
(http://www.unponteper.it/sostienici/pagina.php?doc=sottoscrivi)
ccp 59927004 intestato all’ associazione "Un
ponte per..." oppure ccb 100790 c/o Banca Popolare Etica IBAN:
IT52R0501803200000000100790
Hanno partecipato alla missione di "Un Ponte per…" in Serbia dal
27 maggio al 2 giugno: Domenico Chirico (direttore UPP), Paola Rizet
(sostegni a distanza UPP) Alessandro Di Meo (volontario area Serbia e
membro eletto CN in UPP)