lunedì 18 giugno 2018

Vuk i Sivi Orao...

Pare sia vero che tu non ci sia più. Pare sia vero che non si può più ricominciare. Caro fratello, ancorché romanista (tu dicevi lo stesso di me, laziale...)... caro fratello Vuk, ci siamo persi per strada. Non ricordo nemmeno bene i perché e i come, ma oggi, che ho saputo che non ci sarà più tempo per nulla, ti piango. Abbiamo fatto tante cose insieme, condiviso tanti momenti, di rabbia e di sorrisi, di canti e di lacrime, per i nostri amici serbi, per la nostra amata Serbia. Pensavo che da qualche parte, un giorno o l'altro, ci saremmo ritrovati. Ma poi, a volte, il tempo non ti da più tempo. E torni a capire il valore di un gesto, di una parola, di una foto.
La sai una cosa? Ti voglio bene. Non te l'ho mai detto, ma tu lo sapevi. Qualcosa di grande ci ha unito e, forse, quella complicità sta proprio tutta dentro questa foto. Arrivederci, Stefano, fratello Vuk. Vidimo se. Ja sam Sivi Orao i ne mogu da te zaboravim.




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Vuk e Sivi Orao (Lupo e Aquila Grigia) durante una visita al centro di accoglienza per profughi dal Kosovo di Vitanovac, vicino Kraljevo, Serbia (agosto 2005)

lunedì 4 giugno 2018

Ciao, Gilberto.


L'immagine può contenere: una o più persone, occhiali e primo piano
Apprendiamo con dolore della scomparsa dell'amico e compagno Gilberto Vlaic, fondatore dell'associazione di Trieste "Non Bombe ma solo caramelle". 
Dai bombardamenti sulla Jugoslavia del '99 è stato a fianco degli operai della Zastava automobili di Kragujevac, bombardata con particolare accanimento dalla Nato, con conseguenze pagate da migliaia di lavoratori e dalle loro famiglie. Per tutti questi anni è stato la loro voce, il loro "ponte" solidale, non lasciandoli mai soli e continuando a trasmetterci informazioni preziose sulla loro vita e sulle loro difficoltà.
Ci siamo conosciuti in questi anni, come poteva essere altrimenti fra le rare realtà che hanno avuto a cuore la Serbia del dopo aggressione Nato!
Ci siamo incontrati la prima volta con la storia del piccolo Luka, da ricevere con la mamma all'aeroporto di Fiumicino, a Roma e da portare a Siena, per curare una grave malattia agli occhi. Da allora abbiamo realizzato anche dei progetti insieme, di quel periodo c'è traccia nel nostro documentario "L'Urlo del Kosovo".
Poi abbiamo continuato per le nostre strade, diverse ma che portavano e hanno continuato a portare sempre in Serbia, fra i dimenticati, fra coloro che ci descrissero in modo sommario e spesso partendo da posizioni in mala fede, come nemici. Col tempo, in molti, anche grazie a persone come Gilberto, hanno dovuto ricredersi. A questo mondo, troppe volte l'apparenza finisce per scambiare le vittime con gli aguzzini e viceversa.
Che la terra ti sia lieve, caro Gilberto. I "tuoi" bambini sono cresciuti o stanno crescendo. Staranno bene.
(Alessandro e tutta l'associazione Un Ponte per...)

lunedì 13 febbraio 2017

"Badnji dan, vigilia di Natale" - il video

Il video: "Badnji dan, vigilia di Natale" è su:


https://www.youtube.com/watch?v=zn5QqiIe_7E&t=10s 


(per collegarsi, copiare e incollare l'indirizzo)

Buona visione!


I za vas, dragi prijateli. Sa Srbijom u srcu:

https://www.youtube.com/watch?v=P_AqpRIqzW4&feature=youtu.be

domenica 22 gennaio 2017

Anche se allora vi siete assolti, siete lo stesso coinvolti.


Gennaio 2017, fanno 18 anni dalla morte di De André, formidabile cantautore e poeta genovese che ricordiamo nel titolo di questo breve report.
Marzo 2017, faranno 18 anni dalle bombe sulla Serbia e sul Kosovo e Metohija, già ex Jugoslavia, ma anche 18 anni dall’inizio delle nostre attività in favore dei serbi, profughi dal Kosovo ma anche semplicemente coinvolti nel dramma collettivo del post bombardamenti.
18 anni riportano a età adulta e quando si arriva a età adulta c’è bisogno di lasciar andare, di mollare la presa e far proseguire il cammino con le proprie gambe all’adulto di turno. Il ricordo di De André, così come la nostra presenza fra quelle persone e fra quei luoghi, hanno in comune proprio questo: la necessità di prendere la propria strada, nella storia, nelle coscienze.
Ad accomunarci un amico genovese, Giuseppe, che da qualche tempo non c’è più ma che continua a vivere nella realizzazione delle nostre iniziative che così tanto aveva sollecitato e sostenuto. In suo nome, questa nostra tignosa presenza fra i dimenticati, i serbi, descritti prima come criminali e nemici, ora semplici braccia da sfruttare, alla mercé di disinvolti avventurieri della finanza, pronti a fiutare affari nelle agevolazioni di un governo che sembra non aspettare altro che dimostrare all’Unione Europea la propria affidabilità che, tradotta in termini coorenti, significa abbassamento delle tutele sociali, collettivizzazione degli oneri, privatizzazione dei profitti.
A Giuseppe i serbi piacevano. Piaceva la loro testardaggine, un po’ montanara, un po’ contadina, il loro saper rinunciare, il loro farsi bastare anche la miseria, se necessario. Serbi come Bilijana Rakić, che vive a Konarevo, nel comprensorio di Kraljevo.

Bilijana coi suoi due figli Jovan e Mihailo, è rimasta vedova tre anni fa. Sola, è stata costretta a lasciare la sua casa, la casa del marito, nella quale è ritornata due anni fa, alla morte del cognato che quella casa aveva rilevato. I ragazzi, due anni fa in vacanza al mare, vacanza anch’essa finanziata da Un Ponte per... a Baošiči, in Montenegro, sono anche inseriti nel progetto di sostegno a distanza che, in collaborazione con il nostro partner, la Croce Rossa Serba di Kraljevo, raggiunge decine di famiglie in stato di estrema povertà.

















Ma Bilijana è stata coinvolta anche in un'altra iniziativa, la fornitura di oltre venti serre agricole fra famiglie di Kraljevo e dei villaggi serbi della Metohija, una serra che le ha permesso di coltivare oltre il ciclo normale di produzione che, da queste parti (in questi giorni la temperatura è scesa anche oltre i meno 20 gradi!!!)  è di pochi mesi.
Bilijana ci mostra il suo congelatore pieno di prodotti frutto del suo lavoro e un bel giaccone comprato per uno dei figli: “E' così che uso i soldi del sostegno”, ci dice. Un sostegno globale, dunque, dalle vacanze al mare, momenti di spensieratezza così necessari nella vita dei due ragazzini (ai quali, però, entrambi quest’anno hanno deciso di rinunciare per non lasciare sola la mamma ed aiutarla nei lavori nella serra...), al sostegno a distanza, rapido, concreto, sempre efficace, passando per questa serra che, grazie a quella poca terra che ha a disposizione intorno casa, rappresenta una ricchezza perché offre la possibilità di lavorare. Lavorare per un futuro che sia anche solo un po’ migliore rispetto a un passato che, se non potrà essere dimenticato, potrà almeno essere ricordato con la giusta dolcezza e malinconia.
Stesse scene o quasi presso altre due famiglie che visitiamo, non senza esserci persi con l’auto della Croce Rossa fra stradine di campagna innevate e ai limiti della praticabilità. Cambiano però gli attori, che esigono la stessa attenzione e lo stesso coinvolgimento emotivo. Del resto, siamo sempre proprio tutti coinvolti.

La famiglia Vukičević è stata abbandonata dal marito/padre e mamma Snežana è rimasta con l’anziana madre e i suoi 3 figli: Marko, che è stato in vacanza in Italia proprio vicino Genova, a Celle Ligure, qualche anno fa, quando incontrammo anche Giuseppe, con noi organizzatore e finanziatore di quell’iniziativa, che rimase volentieri fra noi a parlare, sorridere, mangiare, giocare a biliardino, in momenti splendidi... Marian, che è stato l’estate scorsa a Baošiči, in vacanza al mare... Marina, che è molto di aiuto per la mamma. Sneža ci mostra una vecchia serra dove ha messo a germogliare le sementi, pronte a diventare piantine ed essere trapiantate nella “nostra” nuova serra, ora a riposo e che spera potrà darle un raccolto come quello di quest’anno.


 


Infine, la famiglia Todorović che conosciamo per esserci già stati un’altra volta e per i due figli di Milenko, Milan e Ivan, anche loro in Italia a Celle Ligure.
Milenko vive solo con loro, la moglie se ne è andata anni fa. La serra è stata molto generosa, grazie al lavoro di tutti, anche se Milan, che si fa chilometri e chilometri sia per andare a scuola, come il fratello Ivan, che per andare a giocare a pallone, non riesce sempre a stare dietro al padre. Milenko insiste per regalarci ajvar, sorta di patè di peperoni gustosissimo e l’immancabile rakija distillata in casa. Ringrazia tutti, Milenko, per il sostegno a distanza ma anche e soprattutto per la serra. Ne è contento, è davvero un mezzo prezioso per riuscire a produrre quella cosa cui nemmeno un serbo può rinunciare: cibo da mangiare!

Questo nostro testardo continuare a stare fra queste persone, profughi dal Kosovo o semplicemente ridotti in miseria dalle conseguenze dei bombardamenti Nato, in mezzo a questi luoghi sempre più poveri ha un significato preciso, che va oltre l’umana solidarietà con chi se la passa male e non è iniziativa che potrebbe essere riproposta in altri luoghi, come un "pacchetto vacanze". No, questo nostro permanere dopo diciotto anni a fianco dei serbi è frutto di scelte di campo precise, fatte al tempo dei bombardamenti Nato, nel ’99, ma anche prima, durante le sanguinose guerre jugoslave degli anni ’90.
Come detto già, è un bambino diventato adulto, nato in mezzo a bombe infami, in mezzo a menzogne che ce lo presentavano come criminale e nemico. Bombe sganciate a favore dei veri criminali e delinquenti, coloro che oggi hanno in mano il “Kosovo indipendente”, quei fondamentalisti, fanatici irredentisti che propinano sogni di grandi Albanie.
Viene da sorridere, francamente, nel vedere le proteste contro Trump, appena insediatosi alla Casa Bianca, da parte di pseudo pacifisti con le bandiere della pace indosso. Forse a costoro piaceva certamente di più la democratica e affabile Hillary Clinton, moglie di Bill, la cui statua bronzea svetta al centro di Priština, riconosciuto come padre fondatore della patria albanese kosovara, dispensatore generoso di bombe, di uranio impoverito e di soldi, tanti soldi alle mafie locali. Anche le donne “in rosa” protestano contro Trump forse ignare o un tantino distratte da non vedere come vivono oggi donne e uomini come Bilijana o Snežana o Milenko, donne e uomini ridotti così dalle conseguenze di bombe che, sganciate così lontano dalle loro case, non ricordano proprio. Anche voi siete tutte coinvolte, care donne in "rosa"!
Non so che mondo sarà con Trump, certo il mondo disegnato dai suoi predecessori, a chi si ritiene davvero pacifista non può piacere. Al peggio non c’è mai fine ma è difficile immaginare un peggio per quelle popolazioni investite dalle attenzioni dei presidenti USA che sono venuti prima di Donald Trump, l'ultimo compreso, quell'Obama "premio Nobel per la pace", colui che ha lasciato che fossero gettate, non senza evidentemente condividerle, la maggior quantità di bombe fra tutti i presidenti USA della storia. Chissà che Trump, nel suo delirio protezionistico, non arriverà anche a chiudere Bond Steel, la base americana più grande d’Europa costruita subito dopo i bombardamenti del ’99 in Kosovo, nei pressi di Uroševac (pardon, oggi si chiama Ferizaj e la scritta in serbo, perché il nuovo Kosovo nel suo Statuto si dichiara rispettoso delle minoranze, è però spesso cancellata).
Senza ricordare continuamente, fino all’esasperazione questo passato, non avrebbe senso restare fra questa gente. Un passato che dovrebbe, ad esempio, riabilitare Slobodan Milošević, troppo in fretta liquidato all’Aja nelle carceri del tribunale ad hoc per i crimini nella ex Jugoslavia, tribunale che si è guardato bene dal condannare criminali reali che se ne vanno liberi per il mondo o che hanno ricevuto morte in gloria e funerali solenni. Milošević, addirittura oggi assolto dallo stesso tribunale, anche se è assoluzione che va letta fra le righe di una sentenza che riguarda il processo Karadžić  e la Bosnia ma che, di fatto, lo scagiona da crimini contro l'umanità, cosa ignorata dai principale mezzi di "informazione", non fu dunque un criminale ma uno statista al posto sbagliato nel momento sbagliato. Il gioco era truccato, doveva andare così.
La storia sembra insegnare poco e siamo sempre tutti pronti a credere alla giustezza di interventi detti “umanitari e liberatori” contro il despota di turno, “affamatore e assassino” del proprio popolo.
Siamo tutti coinvolti, anche nel continuare a credere alle menzogne che ci vengono propinate in maniera molto sottile e subdola. Basterebbe un sano dubbio su tutto quel che accade, per avere almeno un approccio migliore a questioni così gravi.
Nel ‘99 la menzogna invadeva le nostre case, grazie a gentaglia mascherata da giornalisti o da politici che forse non apostrofavano il disabile o non pronunciavano frasi razziste ma sapevano raccontare bene menzogne al servizio delle bombe che sarebbero presto cadute. Nei telegiornali, nei dibattiti, nei libri in fretta pubblicati, nei titoli dei giornali asserviti al potere, nulla si seppe dei tanti serbi scomparsi molto prima dell’intervento cosiddetto “umanitario”, serbi fatti sparire da squadracce di terroristi fatti passare come liberatori del Kosovo. Alcuni di questi criminali all’Aja non sono riusciti a incriminarli, con molti testimoni morti in circostanze "sospette", alcuni sono addirittura al potere nel nuovo Kosovo, molti di loro entrati a far parte della nuova polizia kosovara, che dovrebbe "salvaguardare" il patrimonio serbo-ortodosso, fatto di Chiese e monasteri plurisecolari. Un patrimonio che rischia di sparire materialmente, come durante il pogrom antiserbo del 2004, quando molte chiese e monasteri furono distrutti o dai radar della memoria collettiva, cercando di farli passare come storia del Kosovo e, quindi, proprietà dello stesso Kosovo monoetnico. Uno schiaffo alla Cultura.
Senza memoria di tutto questo sarà inutile continuare a sostenere famiglie distrutte dalle bombe e dalle loro conseguenze, pagate negli anni a venire, tanto da mettere in ginocchio un’intera popolazione che, caso raro nei Balcani, ancora non si è piegata a entrare nella Nato, nonostante una classe politica che lo farebbe presto e volentieri. Ma, forse, il vento sta cambiando, è un vento freddo, viene dall’Est, ci hanno sbattuto il muso in tanti.
Nel frattempo, continueremo, almeno anche per questo diciottesimo anno, a sostenere in ogni modo i serbi, sia in Serbia che in Kosovo e Metohija. Bambino adulto nato controcorrente e che controcorrente continuerà ad andare, alla ricerca della verità, da raccontare a chi vorrà ascoltare. Serberà memoria, questo ragazzo diventato uomo. E racconterà anche di noi.

GUARDA IL VIDEO: "BADNJI DAN, VIGILIA DI NATALE" 
https://www.youtube.com/watch?v=zn5QqiIe_7E&t=10s

Aiutaci a far vivere questo bambino diventato adulto. Sostieni a distanza famiglie in Serbia o nei villaggi serbi del Kosovo e Metohija. Contatta Un Ponte per... http://www.unponteper.it/it/

giovedì 29 settembre 2016

Buonanotte, Noodles.


 Caro Noodles, mi è capitato oggi di sbrigarmi per tornare a casa.

Non ce ne era motivo, ma era come se dovessi fare presto per venire a darti da mangiare. Sono arrivato, sono entrato con la macchina in giardino, al solito mi è venuto spontaneo cercare la tua sagoma fra quelle dei tanti gatti che ormai da anni popolano la nostra casa. Tu non c’eri. Come non c’eri stato la sera prima, al ritorno dal mare. Io sapevo che saresti spuntato da qualche parte, come facevi sempre. A volte, te ne stavi a capo di quel comitato d’accoglienza cui manca solo di alzare cartelli al nostro ritorno, dal lavoro, da una breve vacanza, ieri dal mare. Cartelli con su scritto “Bentornati!” o, più prosaicamente: “Bastardi, era ora che vi ricordaste di noi!”.
Da quel giorno in cui ti prendemmo, dentro una scatola di cartone, con tua sorella, sono passati più di tre anni. Era un primo maggio, passato fra cibi biologici e tavoli di solidarietà, fra vino e libri. Tua madre era morta e cercavano qualcuno che si prendesse cura di due minuscoli esseri quali eravate tu e tua sorella. Ti si dava il latte con una siringa, siringa che, per te, non c’era bisogno di premere: succhiavi quel latte con una forza impensabile. E poi, con la nostra Lepa che da poco aveva partorito tre cagnolini, non avevi problemi a ciucciarle latte, mentre la accarezzavo e tenevo quelle piccole "belve" dei suoi cuccioli chiusi in cantina, che non ti avrebbero certo permesso di startene comodo lì, a scorazzarle sulla pancia! Tua sorella non ce la fece, troppo debole e troppo poco disperatamente attaccata alla vita, come invece ti dimostrasti tu.
Ti viziammo già da allora, ma eri un piccolo orfanello, vittima di un grave deficit di “accudimento” e tu, ogni volta, ce lo ricordavi, facendo il “pane” e attaccandoti ai nostri maglioni come fossimo Lepa di quei giorni. Fra i cuccioli di Lepa c’era Vago, che tenemmo e che divenne nostro e tuo grande amico, anche se, quando entravate in casa a coppia, come due gringo in un saloon, lui ti andava sempre a fregare rimasugli di cibo nella tua ciotola. Ma lo tolleravi, con l’aristocrazia tipica del gatto che si chiede, facendo le proprie pulizie sulla sua poltrona:”Ma ‘sto plebeo di cane, che ci fa qui?”
E adesso?
E adesso basta. Ti sei preso tutta la scena come meglio non avresti potuto. Tu non sei sparito come gli altri, senza lasciare una traccia, un biglietto, un verso, no... tu sei rimasto qui, fino alla fine. E ti ho trovato. Non è stato bello, sai? No, non è stato bello andare verso la cantina per posare cose e vederti, piccola macchia bianca nell’oscurità, giacere a terra senza vita. Altri, prima di te, sono spariti nel nulla, lasciando ferite mai completamente rimarginate. Gastone, Mocciolo, Virgola... tu no, tu sei rimasto. E ti ho trovato.
Si, adesso basta con il solito tornare a casa e sbirciare, fra parole di circostanza, se ci sei o no. “Prendete gli zaini, le buste della spesa le prendo io” e, con la coda dell’occhio ma soprattutto del cuore, vedere se spunti da qualche parte, da un cespuglio, da dietro un vaso, dal tetto, da sotto un tavolo, da sopra una gatta. Basta.
Basta col cercarti fra mille sensazioni, basta col pensarti fra i mille pericoli di una vita davvero felina, una o tre, cinque o sette vite che importa? C’eri, tornavi, ti si rivedeva, tutto svaniva in un lampo: “Oh, ecco il buon Noodles!”. Eri ancora tu, come sempre, tutto poteva riprendere coi soliti ritmi del tuo viverci accanto.
Basta con la poltrona che avevi fatto tua ma che spesso nemmeno ti bastava, ne volevi altre, le nostre, quasi a dire: “Se vi ci mettete voi, perché non io?”. Basta con le sfiancanti richieste di cibo, mai abbastanza per te, per poi chiedere di uscire che le gatte, là fuori, aspettavano. Basta con il tuo fare da despota, imperatore dei gatti, re incontrastato che nessuno poteva scalzare dal trono. Tante le tue vittime, forse ti avranno anche odiato. Milady, la tua gatta preferita, no.


Con lei, spesso ti affacciavi alla finestra, a spiare cosa avveniva all’interno della casa, pronto a sfruttare il minimo errore, una finestra socchiusa, per entrare e, guarda un po’, chiedere cibo.
Sei stato un grande, Noodles. Ma, come nel film “C’era una volta in America”, avessimo puntato su di te, avremmo perso. E oggi, abbiamo perso.
Ora c’è un salice a farti compagnia. E’ piccolo ma ha buone radici. Se avrà la tua stessa voglia disperata di vita, ce la farà. E ti terrà accanto, in quel letto che ti ho preparato stamattina, all’alba, una scatola avvolta in un telo a ripararti dall’umidità. Un letto annaffiato dalle nostre lacrime, che uscivano inarrestabili e improvvise e così dolci per te, nel ricordo delle tante risate assieme. Dalla "tua" finestra, adesso quel salice si vede bene. Da quella finestra, continueremo a cercarci.
Che la terra ti sia lieve, buon Noodles. E che sappia custodire tutto di te, come un segreto dentro una piramide.







p.s. Ti ho messo del cibo, accanto. Dovessi mai svegliarti, avresti sicuramente fame. Buonanotte, Noodles.
 



giovedì 28 aprile 2016

Viaggi da sogno

Si è appena concluso un viaggio di conoscenza in Serbia e in Kosovo e Metohija, nato dalla collaborazione fra la Società Geografica Italiana e l’associazione Un Ponte per... Il viaggio, cui hanno partecipato 36 persone, ha toccato i maggiori centri culturali del paese.
Dalla breve visita, a Belgrado, del Kalemegdan, con lo spettacolo della confluenza dei fiumi Sava e Danubio, fino alla Skadarlija, con i suoi caratteristici ristoranti ancora oggi méta preferita di artisti e poeti...

Belgrado, Skadarlija: ristorante nella strada degli artisti

Kragujevac, Spomen Park: "le ali spezzate"

... da Kragujevac, con la visita allo “Spomen Park”, memoriale delle vittime dell’ottobre del 1941, quando migliaia di persone furono trucidate dai nazifascisti, fino alla città di Kraljevo... dal monastero di Studenica, fondazione del capostipite della famiglia reale Nemanjić, che guidò lo stato serbo medievale per quasi tre secoli, passando per la valle dell’Ibar, la “dolina jorgovana”, la valle dei lillà, fatti piantare dal re Uroš per la futura sposa franco-italiana, regina Elena d’Angiò (Jelena Anžujska), fino al Kosovo e Metohija, con le visite ai maggiori esempi di quel patrimonio culturale serbo-ortodosso perennemente in pericolo. Il viaggio si è concluso con la visita al monastero di Ravanica, fondazione del knez Lazar Hrebljanović, eroe della battaglia del Kosovo le cui spoglie sarebbero contenute nel sarcofago a destra dell'iconostasi. Il monastero sorge lungo la valle del fiume Morava la cui scuola, detta “scuola della Morava”, caratterizzò le altre fondazioni sorte in quella parte di Serbia, tutte risalenti al tardo secolo XIV, inizio del XV, canto del cigno dell’epopea medievale serba.
La conoscenza degli affreschi nelle chiese dei monasteri di Studenica e di Visoki Dečani, del patriarcato di Peć, del monastero di Gračanica e della Bogorodica Lieviška a Prizren (la Vergine Madre di Lievis, con il restauro del famoso affresco della Madonna con Bambino nutritore distrutto nel pogrom del marzo 2004); le visite all’unica fondazione dello zar Dušan, i santi Arcangeli vicino Prizren...

visita al monastero di Studenica

Studenica, chiesa della Vergine: la finestra dell'abside

Studenica, chiesa della Vergine: l'esterno

patriarcato di Peć, gli affreschi

patriarcato di Peć, esterno

Prizren, la Bogorodica Lieviška:
l'affresco restaurato della Madre col Bambino nutritore

l'affresco restaurato

Prizren, la Bogorodica Lieviška:
l'affresco di Stefan Nemanja tra i due figli, Sava e Stefan

santi Arcangeli, Prizren: un momento di relax, fra una rakija e... l'altra!

monastero di Gračanica, l'esterno

... o alla torre di Gazimestan, luogo simbolo della battaglia del Kosovo del 1389 ma anche luogo dove Slobodan Milosević 


sulla torre di Gazimestan
tenne il discorso davanti a un milione di serbi nel 1989, a 600 anni di distanza dalla battaglia, hanno portato il gruppo fin dentro la storia di questo paese, sempre tormentato dalle tensioni tipiche di un luogo perennemente in trincea.

Ovviamente, costante è stato il ricordo del passato storico più recente, legato alle guerre degli anni ’90 che hanno sconvolto la Jugoslavia, fino all’aggressione della Nato del ’99, la cui ricostruzione ha offerto una chiave di lettura diversa da quelle ufficiali, suscitando l’attenzione ma, spesso, anche la sorpresa dei viaggiatori, molti dei quali all’oscuro di molte verità scomode per chi, quell’aggressione, l’ha portata a termine senza troppi scrupoli.



Gračanica, monumento ai "desaparecidos" serbi

A questo va anche ricondotta la visita veloce, occasionale ma molto intensa e commossa, del recente monumento agli scomparsi serbi a Gračanica, sulla via del ritorno verso Kraljevo, che ha dato modo di affrontare la questione delle violenze che la popolazione serba ha subito ben prima dei bombardamenti della Nato, fatto tenuto all’oscuro dai media internazionali, italiani in primis.


L’accoglienza con cui è stato accolto il gruppo nei vari luoghi così sacri alla cultura serba è stata fra le migliori, come sempre del resto, indice di una amicizia di anni che ci fa sentire a casa quando siamo, ad esempio, fra i monaci di Dečani.

monastero di Visoki Dečani: foto di gruppo

monastero di Visoki Dečani: liturgia della domenica delle palme
Non sono mancati momenti di leggenda e poesia, come la visita alla chiesetta di legno originale del XVI secolo, nel cimitero del villaggio serbo a Goraždevac; oppure il percorso introduttivo alla breve ma intensa visita a quella che fu la fondazione della regina Jelena Anžujska, vero e proprio gioiello recuperato dallo stato di degrado e abbandono nel quale era ridotto agli inizi del secolo XX, dopo quasi cinque secoli di dominazione turca, due guerre balcaniche, una guerra mondiale.




Rosa D'Amico nel pullman, sulla via per Gradac



monastero di Gradac, la fondazione di Jelena Anžujska



Gradac, l'interno

Ha accompagnato il gruppo Alessandro Di Meo, volontario e componente del Comitato Nazionale di Un Ponte per... che, col suo Dottorato di Ricerca sulla tutela del patrimonio culturale a rischio estinzione nel Kosovo e Metohija, ha offerto lo spunto al prof. Franco Salvatori, direttore del Dipartimento di Scienze Storiche, Filosofico-Sociali, dei Beni Culturali e del Territorio dell’Università di Roma “Tor Vergata”, per anni anche presidente di Società Geografica Italiana, per organizzare un viaggio proprio nei luoghi oggetto dello studio. Da segnalare, anche il valido e prezioso contributo del prof. Tommaso Caliò, docente di Storia del Cristianesimo e la presenza della gentile e splendida Valeria Mencucci, punto di riferimento per tutto il gruppo.












Gradac, momenti di tenerezza...

L’entusiastica adesione di così tante persone, tutte molto preparate culturalmente e per questo molto curiose e affamate di conoscenza, non poteva non richiedere la presenza di una studiosa esperta di arte medievale serba e dei rapporti con l’arte italiana: Rosa D’Amico. La presenza di Rosa, la sua disponibilità, la sua preparazione, il suo amore verso quegli esempi artistici, oltre la passione per la questione serba che, di certo, molto la accomuna con Alessandro Di Meo e con Un Ponte per... in Serbia, è stata tanto essenziale quanto elemento che maggiormente ha contribuito a rendere il viaggio indimenticabile per chi vi ha partecipato.


Gradac, "saldi" di... inizio stagione!

Ci sono stati anche momenti più leggeri, specie nei negozietti dei monasteri, presi d’assalto quasi fossero centri commerciali nei giorni di saldo dove, grazie anche alla presenza di Novka, nostra amica e sorella serba che ha aiutato nelle questioni più pratiche, si sono potute acquistare tante piccole testimonianze di questo viaggio; così come non sono mancati riferimenti alle attività che ancora oggi Un Ponte per... porta avanti in quelle terre: dalle recenti forniture di serre per l’agricoltura a famiglie in difficoltà lavorative del comprensorio di Kraljevo e dei villaggi serbi del Kosovo e Metohija, all’organizzazione di vacanze estive per bambini in situazioni di disagio sociale; dai pozzi artesiani realizzati coi monaci di Dečani, ai moltissimi sostegni a distanza per famiglie povere, sempre molto preziosi e semplici da attivare.


Kraljevo, iniziativa Un Ponte per: serra già in funzione
C’è stato tempo anche per illustrare un piccolo sogno, che potrebbe divenire realtà con l’aiuto di chi leggerà queste poche righe: la ricostruzione simbolica di una delle 14 piccole chiese del villaggio di Velika Hoča, nel cuore della Metohija, che non si è potuto raggiungere in questo viaggio. Sarebbe giusto, oltre che altamente simbolico, ricostruire là dove tempo, tragedia, violenza e abbandono hanno distrutto. Come a significare che la Cultura, l’Arte, la Fratellanza, avranno alla fine sempre la meglio sulla barbarie. Di questi tempi, realizzare un sogno come questo non sarebbe male.


a destra, monastero di Ravanica, la "scuola della Morava":
Rosa D'Amico indica... la luna!









p.s. Una buona notizia: c'erano le elezioni in Serbia, domenica 24 aprile. Una nostra cara amica, Sanda Rašković Ivić, già ambasciatrice di Serbia in Italia, è stata eletta insieme ad altri 10 deputati del suo partito, di cui è segretaria, nel nuovo Parlamento serbo. Una piccola speranza in più per il Kosovo e la Metohija.