Ci si alza alle cinque, per le funzioni in chiesa. Poi, si
lavora nel monastero, nelle stalle, nei campi, nei villaggi, nelle scuole, a
fianco con la tua gente, che resiste come te. Isolata, ghettizzata, spesso
umiliata. Anelli di una catena millenaria che, però, non va spezzata, per dare a
chi verrà il senso di tutto. Della vita, della morte, di radici che portano a
Dio.
Così,
anche una semplice
liturgia diventa pretesto per gli estremisti albanesi per causare violenza e
barbarie in un Kosovo abbandonato al suo destino, insieme all’immenso Patrimonio
Culturale che, nonostante secoli di dominazione turca, guerre balcaniche, due
guerre mondiali e “l’umanitarismo” della Nato del ’99, con bombardamenti
indiscriminati su tutto il territorio, ancora esiste.
Questo sono i monaci ortodossi del Kosovo (e Metohija, la terra che appartiene ai monasteri),
ridotti a girare con lo spray urticante per il continuo pericolo di violenze
cui nessun accordo sembra porre rimedio. Come ad agosto, quando un gruppo di fanatici albanesi
(purtroppo
tanti giovanissimi...) ha cercato di impedire la celebrazione della
Dormizione della Vergine, la “Theotokos”,
nel villaggio di Musutište, sulle rovine della chiesa costruita nel 1315 e
distrutta da estremisti albanesi
nell’estate del 1999 quando le truppe
Nato della Kfor avrebbero dovuto garantire la sicurezza. I monaci hanno lasciato
il villaggio, un tempo abitato da serbi, scortati dalla polizia, insieme ai tre autobus con 150 pellegrini.
Ma
qualcosa sta cambiando, se addirittura il presidente della Commissione Europea,
Barroso, ritiene necessaria la “protezione speciale dei luoghi santi serbi in Kosovo”, aggiungendo
che “i monasteri dovrebbero
essere fonte di dialogo inter-culturale, piuttosto che di conflitto”. Inseriti tra i cinque più importanti
luoghi sacri del Mediterraneo con Gerusalemme, Monte
Athos, la Mecca e
Vaticano, i monasteri hanno l’attenzione anche
del papa... “La Chiesa cattolica
ritiene che l'Europa abbia bisogno della tradizione cristiana e umanistica
della Serbia”, ha affermato mons. Paglia, presidente del pontificio
consiglio per la famiglia.
Nel recente incontro a Belgrado, la Santa Sede ha
appoggiato il processo di integrazione europea della Serbia mentre il
presidente serbo Nikolić, da parte sua, ha espresso gratitudine alla Santa Sede
per non aver riconosciuto l'indipendenza del Kosovo. Paglia ha offerto
l'assistenza della Chiesa cattolica nella protezione del patrimonio culturale
serbo in Kosovo, a cominciare dai monasteri medievali.
la Madonna Odighitria, monastero di Hilandar, Monte Athos |
L’ultima volta che il Vaticano s’è occupato di Balcani,
nel secolo scorso, sono state lacrime e sangue per i serbi-ortodossi (basti
pensare al campo di sterminio di Jasenovac, in Croazia). Speriamo che il “nuovo
corso” di papa Francesco porti qualcosa di buono anche per questa terra
martoriata, dove tanti monaci, oggi nostri amici fraterni con tanti serbi dei
villaggi, mentre scriviamo resistono, in un quotidiano fatto non solo di preghiera
ma di tanta, troppa sofferenza.
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