Sono vicino, per quello che può servire, a chi vede i propri cari morire sotto il fuoco invasore.
Come mi unisco al dolore di chi, impotente di fronte ai massacri, cerca di non restare a guardare.
Mi unisco ai palestinesi ma anche a quegli israeliani che sono sempre stati contro l'intervento militare. Soffrono molto anche loro, ne sono certo.
Come soffrivo io quando il mio governo bombardava, senza nessuna remora, dubbio o senso di colpa, la gente con la quale ho passato, insieme a tutta la mia famiglia, la fine dell'anno. A Kraljevo, in Serbia, ex, e quelli che bombardavano ne vanno fieri... Jugoslavia. E' stata davvero una gran bella serata, avrei voluto parlarne. Forse, un giorno lo farò. Ma non ora.
Ora, vi parlo soltanto di una piccola sosta, l'altro ieri, durante il viaggio di ritorno, a Sumarice, Kragujevac.
Di quel massacro del 21 Ottobre 1941, quando i nazisti invasori usurpatori di terre e libertà massacrarono oltre 7 mila persone, comprese intere scolaresche, ogni tanto se ne parla, ma sempre fra pochi intimi. Ne parlo anche io in altra parte del blog e nel libro. Ne parla la foto accanto.
C'era neve, silenzio e solitudine della memoria a Sumarice, l'altro ieri, davanti al monumento "Le ali spezzate". Spezzate da altra lucida e determinata follia, da altri assassini, che oggi premono altri grilletti, di altre infami armi da guerra.
Solo quei volti scolpiti nella pietra, raffiguranti le vittime, sembrano essere sempre gli stessi.
E a guardarli bene, si assomigliano davvero.
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