martedì 9 giugno 2009

Gocce di Primavera

Il giardino è fiorito, l’orto inizia a dare i suoi frutti.
Primavera inoltrata, si cominciano a tirare le somme di un anno, prima dell’estate. Ma le somme non si tirano e i conti non sempre tornano. Le parole corrono, ormai quasi senza senso. O, forse, ne hanno troppo e bisogna farci i conti.
Abbiamo vissuto due mesi come zingari!”, dicono in tv operai rimasti senza lavoro, che hanno occupato la fabbrica. Due mesi come zingari...
La parola “zingaro” evoca, nel nostro immaginario, altro da noi. Vita estrema, che non riguarda il comune mortale, che si sente altro, che aspira ad altro, che non vuole ridursi così in basso. A volte la si usa come finta medaglietta da portare al collo, magari va di moda, uno si sente così, ma tanto, poi gli passa. Ecco perché solo gli “zingari” sanno cosa significa vivere da “zingaro”. Ed è per questo, credo, che ne vanno orgogliosi.

E da i suoi frutti anche quest’anno, l’orto. E danno i loro frutti anche le cartelle per la riscossione tributi spedite a raffica dalla Equitalia Gerit spa. Piccole more, vecchie di anni, crescono. Ma non ci farai marmellate. Saranno tanti, con timore di dio, quindi del potere, quindi dell’esattore, a pagare senza pensarci, perché così dormono tranquilli. Io no. Farò ricorso. Pagherò quello che sarà giusto pagare, ma il resto lo contesterò. Notifiche mai arrivate di verbali vecchi di anni che pretendono cifre esose con l’arroganza di chi non teme nulla. Siamo il paese delle prescrizioni, ma non per le cartelle della Equitalia Gerit spa!

Intanto, scopro che mia figlia non è più minorenne, ma ha solo meno di diciotto anni. La cosa non mi rallegra anzi, mi inquieta un po’. Io potrei considerarmi non più cinquantenne, ma uomo con più di diciotto anni e tornare indietro nel tempo... ma lo specchio è impietoso nel rimandare immagini e non fa sconti.

Primavera inoltrata, 9 giugno di dieci anni fa. Finiva l’aggressione della Nato contro la Jugoslavia. Negli improvvisati campi profughi al confine con l’Albania, dove si erano accampati i kosovari albanesi, prede predilette per giorni e giorni di fotografi, giornalisti e televisioni in cerca di notizie da sbattere in prima pagina... e dove agivano gli umanitari in missioni governative tinte di effimeri arcobaleni, in quei campi... d’improvviso non rimase più nessuno. Arrivederci e grazie, spariti tutti. Guerra finita, Nato vincente, Kfor entrante, profugo lampo tornava a casa.
A cacciare i propri vicini di anni, serbi, rom, goranci, albanesi in disaccordo con l’Uck, rubando loro case, terreni, animali, lavoro, futuro, tutto. Ma pure tutti i giornalisti e le tv e i fotografi e gli umanitari se ne erano tornati a casa. Con l’arcobaleno... Per i serbi, solo pochi occhi a testimoniare il dramma. Fra questi i miei, tristi e pieni di rabbia, rabbia che ancora oggi, a volte, li rende ciechi.

Notizia di oggi, altri operai rumeni morti sul lavoro. In quello, del tutto uguali agli italiani. Ai fascisti dalle forze nuove dico che se mai faranno fiaccolate anche per i rumeni morti sul lavoro, e non solo per quelli che delinquono e che sembrano interessarli molto di più... ci verrò anche io!

Primavera inoltrata, forse troppo. Anche nelle schede elettorali, puntuali, come quasi ogni anno. Sono anni che metto croci sul solito simbolo. Sarà proprio per via di queste croci che questo simbolo continua a dissanguarsi in una emorragia inarrestabile! Ecco perché gli altri cambiano sempre i loro simboli, ecco perché la destra non li ha o, almeno, non li espone nelle schede... è per esorcizzare quella croce che andiamo tutti a segnare. Col tempo, diventa negazione del simbolo.
Propongo, per le prossime votazioni, di poter disegnare qualcosa vicino al proprio simbolo. Magari, disegni come si faceva da bambini. Una casetta, una stradina, un albero e una montagna lontana. E il sole, dietro, pronto a sorgere. Come in un avvenire, davvero ancora possibile.