martedì 20 marzo 2012

Tempo di digiuno

Padre Ilarion è un monaco ortodosso, che vive nel monastero di Draganac, zona di Gnjlane, Kosovo ovest. Proviene dal monastero di Visoki Dečani, il più importante per la chiesa ortodossa serba. Nel pogrom antiserbo del marzo del 2004, più di 150 fra monasteri e chiese ortodosse, oltre a molte case e cimiteri, furono distrutti o incendiati dalla furia indipendentista kosovaro-albanese, che avrebbe avuto soddisfazione 4 anni dopo, il 17 febbraio 2008, quando il Kosovo si autoproclamò indipendente, subito riconosciuto dai paesi aderenti alla Nato.
A Draganac c’è tanto da fare. Nel monastero, un vero e proprio cantiere in ristrutturazione continua, c’è tanto da realizzare e sistemare. Dai locali della chiesa ai locali per i monaci, da quelli per gli ospiti alle strutture per gli animali. Qui, proprio in questo monastero, c'è una sorgente d'acqua che si crede sia benedetta. E così, il venerdì dopo la Pasqua si celebra la Vergine Maria e questa sua fonte miracolosa. Vengono in migliaia a prendere l'acqua, moltissimi gli albanesi che, come in altri monasteri, cercano la grazia di Dio, anche se ortodosso...

Ma padre Ilarion si sta occupando anche e, soprattutto, di altro. Ad esempio, delle tante famiglie serbe della zona, che vivono in condizioni assurde.
Isolate dall’intolleranza del fanatismo indipendentista "made in Usa", dall’oblio di mezzi di informazione per nulla interessati alle loro vite, isolate dalla natura che, da queste parti, a volte le rende irraggiungibili. Come nei mesi scorsi, gennaio e febbraio, quando oltre due metri di neve hanno reso la loro situazione ancora più drammatica. Per la mancanza di cibo, di acqua e per la difficoltà a portare loro un minimo di sostegno e aiuto.
Queste famiglie ricevono un pasto al giorno dalla Cucina Popolare, una piccola organizzazione guidata da Svetlana, una donna serba che in questi anni è riuscita a garantire pasti e sostegno per circa 800 famiglie. Ma ricevono aiuti anche dal monastero e, quindi, da padre Ilarion, che divide donazioni, sceglie i beneficiari, gliele porta direttamente.
La cosa che più sconvolge ma che, pure e incredibilmente, riconcilia con la vita, è vedere come queste famiglie siano piene di bambini!
Vedere come la vita scorra anche in questi posti dimenitcati, dove per arrivarci ti ci vorrebbe una jeep delle ricche ONG umanitarie che sfrecciano per le strade umanitariamente distrutte da bombe altrettanto umanitarie! E tu non ce le hai, quelle jeep e per fortuna. Perché rappresenti una associazione così piccola che in questi posti ci puoi arrivare solo accompagnato dal furgone di Radovan, del villaggio di Koš, vicino Osojane, in piena Metohija. Ci arrivi con le sue manovre, a volte improbabili, ma pure con la tua ostinazione. E pure con la tua rabbia. Si, serve anche quella.
Perché poi ti chiedi come mai nessuno racconta di questa gente, della loro vita. Ti chiedi del perché il vivere in queste condizioni non diventi grido di dolore da far sentire al mondo! Ti chiedi perché il Kosovo e la Metohija siano stati ridotti così, senza che nessuno abbia mosso un dito.
Per distruggerlo e creare questa finta e insopportabile pseudo-libertà e pseudo-indipendenza, è stato ridotto prima a un ammasso di macerie, ora lasciato a se stesso. Che si consumino le violenze contro i serbi nella Metohija, che si consumino nell’isolamento più totale gli stessi serbi del Kosovo! E si costruiscano ancora nel "Kosovo libero e indipendente" alberghi lussuosi, pompe di benzina, statue della Libertà (a Priština, sopra un hotel), statue dei Liberatori (Bill Clinton, sempre a Priština).
E si lascino marcire le carogne di tantissimi animali ammazzati dalle auto lungo le strade. Cani, gatti, volpi… si lascino così, che tanto il Kosovo e la Metohija sono ridotti a una discarica a cielo aperto, dove l’immondizia la trovi ovunque. Vicino le case, lungo le strade, sparsa nei campi.
Era forse questa, dunque, la libertà a cui si aspirava? Era questa la voglia di indipendenza? Era il poter sventolare le bandiere dell’Albania e degli Stati Uniti su tanti, troppi balconi? Era il ricevere soldi a fondo perduto per permettere che il territorio fosse ripulito da persone scomode? Nei pressi di Uroševac, a sud della regione, va sempre ricordato, sorge Bond Steel, la più grande base degli Usa in Europa. Una vera e propria città di cui poco si sa e poco si deve sapere. E chi può controllare un territorio da cui nulla deve trapelare, meglio di mafie, malavita e narcotraffico?

Siamo in tempo di Quaresima e padre Ilarion mi illustra la pratica del digiuno, osservata per sette settimane prima della Pasqua, con esclusione del sabato e della domenica, tanto da arrivare a 35 giorni di digiuno. Un digiuno detto dell’acqua, cioè si mangiano solo cose bollite, niente carne e pesce, niente proteine animali né oli, niente vino. Si arriverà a 36,5 giorni, col sabato santo e metà della domenica di Pasqua. Così si arriva a un decimo dell’anno di digiuno, offerto al Cristo Redentore. I classici 40 giorni si superano durante l’anno, arrivando a digiunare per la festa della Madonna ad agosto.
Ma andando per questi villaggi, visitando queste famiglie, davvero non sembra necessario rispettare date e ricorrenze per ottenere digiuni. La loro condizione di estrema povertà li porta a mangiare spesso solo pane e farinacei, la carne è davvero cosa rara.
Parlare di Europa, di entrata nell’Unione Europea da queste parti fa sorridere. Così come parlare di sacrifici da compiere per superare la crisi. Così come fa sorridere incontrare all’aeroporto a Belgrado, al ritorno, operai specializzati della nuova Fiat che "esporta lavoro". Fa sorridere sentirli preoccupati del cibo mangiato in Serbia, in questo loro distaccamento forzato, prendere o lasciare, si lavora lontano dalla tua famiglia, dalla tua casa, perché c’è da istruire gli operai serbi per farli produrre tanto pagandoli poco, zero diritti. Ma non erano umani, quei diritti, erano solo roba di malattie, turni con orari decenti, tutela delle donne, figli da crescere, ferie, pause pranzo, cose così… Fa sorridere e anche tenerezza, che siano preoccupati per il cibo. Sanno che le bombe hanno fatto danni anche al ciclo vitale. Uranio impoverito, plutonio, radiazioni, inquinamento chimico e batteriologico, lo sanno, glielo hanno detto! Ma devono arrangiarsi. Sanno pure che la gente qui si ammala e tanto e sempre di più, a causa di tutto quello che c’è stato... Qualcuno ha dimenticato? Sono passati 13 anni da quel 24 marzo 1999, quando la Jugoslavia, ridotta ai minimi termini, fu definitivamente affossata da 78 giorni di bombardamenti della Nato, ai quali partecipò anche l’Italia… Ci dissero che si andava a proteggere civili e portare democrazia e rispetto di diritti umani… Si, è vero, fa proprio sorridere tutto questo.
Ma devono rischiare, questi lavoratori "signorsi", ché la lettera di licenziamento è pronta, sul tavolo, anche per loro che hanno accettato abbassando la testa. Sono quasi 1700 e stanno a Kragujevac, dove non c’è più posto per dormire, con intere famiglie di serbi, senza salario e senza lavoro, che si sono trasferite a casa di parenti o amici, pur di affittare agli italiani la propria anche a prezzi stracciati e riuscire a guadagnare qualcosa per sopravvivere.
Fa sorridere tutto ciò. Ma anche piangere.
Gli sguardi dei bambini di queste famiglie che visitiamo in questi villaggi nei dintorni di Gnjlane e di Novo Brdo, non sappiamo toglierceli dagli occhi. Alcuni sereni, nonostante tutto, altri impauriti da situazioni difficili anche nei rapporti dentro la famiglia stessa, altri persi nel vuoto di problemi psichici, chi mai se ne occuperà?
Si, quello sguardo ti resta appiccicato addosso. Professionisti dei diritti umani non vengono fino quaggiù. Preferiscono luoghi più adatti alla ribalta, dove c’è il dittatore da sconfiggere e ammazzare, fantomatici quanto opportunistici oppositori da foraggiare con armi, soldi e coi quali accordarsi per il futuro da sfruttare.
Ma qui no, non viene nessuno. Non ci sono dittatori, qui. La Serbia è paese democratico, ormai, si manganellano manifestanti come dalle nostre parti e si finisce in carcere se protesti troppo, anche se puzzi di fame. Questo, poi, dicono pure che sia Kosovo, altro governo, altra "democrazia", con a capo criminali indagati per traffico di organi umani, ma liberamente eletti dal popolo! E allora?
E allora… Allora questi bambini, semplicemente, non esistono!
Stupidi noi che li andiamo a cercare, che torniamo con nella mente e nel cuore tante idee per farli sorridere, almeno un po’, mica tanto, solo un po’… Smeješ se!, sorridi, bambina persa nel vuoto di un gioco che neppure riesci a sognare. Vuoi vederlo il mare? Lo sai cos’è? In televisione l’avrai anche visto. Non ti ci porta nessuno, proveremo a farlo noi.
Ci vorranno soldi, sarà difficile trovarli. Mica dobbiamo comprarci aerei da guerra! Per quelli si troverebbero facilmente, per il tuo sorriso no. Per il tuo sorriso, per vederlo sbocciare come fiore a primavera, bisogna scalare montagne, bisogna pregare ma non il tuo Dio, che pure ti guarda e ti benedice. No, bisogna pregare gli umani, quelli che non si fanno troppi scrupoli davanti a immagini come quelle della tua povera casa, perché sanno trovare alibi.
Ma noi, che siamo cocciuti e testardi come i cromosomi che ti porti dentro, alla fine, puoi giurarci, il mare te lo faremo conoscere. E toccare. E giocare. Insieme ai tuoi fratelli e alle tue sorelle, insieme ai tuoi amichetti, quelli del villaggio vicino, così vicino che nemmeno puoi giocarci insieme. E’ pericoloso e la sera c’è coprifuoco.
Passano follia e provocazione, tirano sassi alle finestre, vogliono spaventare il tuo sonno. A volte sparano. Alla fine ci riescono, ti spaventano.
Ma tu chiudi i tuoi occhi e prova a dormire lo stesso. Prova a sognarlo, quel mare visto in televisione. Vedrai, da vicino sarà pure più bello.