martedì 27 ottobre 2009

Meravigliosa creatura...

Questo viaggio in Serbia, al quale partecipo con Samantha Mengarelli e Vincenzo Ludovici Pietropaoli, è incentrato sulla doverosa partecipazione alla inaugurazione della Palestra per malati di Sclerosi Multipla di Kragujevac, alla cui ristrutturazione Un Ponte Per... ha partecipato con una quota di 2500 euro.
L’iniziativa, che è servita ad aprire ufficialmente la collaborazione con l’associazione di Trieste “Non bombe ma solo caramelle”, in serbo (più o meno...) “Nema bombe, samo bonbona”, di Gilberto Vlaic, grande uomo, nonché professore triestino, strenuo difensore del popolo jugoslavo, da anni impegnato in collaborazioni con il sindacato della Zastava di Kragujevac attraverso svariate e importanti iniziative fra le quali spicca il sostegno economico a distanza di tantissime famiglie di dipendenti e, purtroppo, soprattutto di ex dipendenti della fabbrica, buttati fuori dalle solite (e ben sperimentate sulla pelle dei lavoratori) ricette neoliberiste, è stata resa possibile dalla compartecipazione di realtà italiane e serbe.
Da questa ristrutturazione si è preso lo spunto per cercare di coinvolgere in uno scambio formativo anche le realtà universitarie di Roma “Tor Vergata” e di Kragujevac, in una collaborazione che potrebbe sfociare in convenzioni vere e proprie. Sono stati presi contatti in tal senso e si procederà quanto prima ad avviare la cosa.
Ma procediamo con ordine, altrimenti si rischia di confondere la lettura.
Arrivati a Belgrado la mattina di giovedì 22 ottobre, ci togliamo subito uno sfizio, anche perché è saltato l’incontro con un professore di chimica di Belgrado col quale avremmo dovuto parlare delle conseguenze della guerra. Facciamo così visita alla tomba di Josif Broz Tito, padre della Jugoslavia, e al vicino museo di arte contemporanea, cosa che consigliamo a chi dovesse recarsi a Belgrado. Sicuramente, in un futuro, ipotetico viaggio da organizzarsi per la prossima estate, questa sarebbe tappa fondamentale da inserire nel programma. Perché proprio la conoscenza della storia della Jugoslavia e della sua gente attraverso i luoghi che si visitano, ne costituirebbe l’obiettivo.

Nel pomeriggio ci trasferiamo a Kraljevo.
Dopo una rapida sistemazione in hotel, non possiamo rinunciare a visitare alcuni nostri amici, molto rapidamente perché, in realtà, a cena ci attende la famiglia Jakovljevic.
Vincenzo, infatti, si è reso promotore di una raccolta fondi per aiutare, in modo davvero consistente, la famiglia proprio nel momento in cui questa, profuga dal Kosovo, dopo dieci anni vissuti in una ex stalla, con un lavoro precario del capofamiglia, Borislav, padre di tre figli, Stefan, Milisav ed Aleksandar che stanno crescendo e iniziano ad avere esigenze diverse da quelle dei tre bambini conosciuti e che ospitiamo da anni in Italia... con una mamma, Bozica, che ha cercato anche di far quadrare i conti con i suoi lavori di ricamo a mano e con la nonna paterna, Stanka, morta dieci mesi fa e che non può più dare il suo contributo... nel momento in cui questa famiglia fa il grande passo e prova a comprarsi una casa per ventimila euro, cifra da raggiungere attraverso piccoli risparmi, sacrifici di un fratello che vive in Svizzera, prestiti vari… Vincenzo è riuscito ad aiutarla per un terzo della cifra necessaria! L’importanza del gesto non necessita di tante parole, ma solo di grande considerazione unita all’enorme rispetto per l’amore e l’amicizia che quest’uomo ha saputo dare.

Abbiamo scattato foto, immortalando il momento della consegna... girato piccoli filmati che verranno mandati in rete per rendere partecipi tutti coloro che si sono prodigati per aiutarlo ad aiutare i Jakovljevic. Verranno anche tradotti i documenti che attestano la proprietà della casa.

Il tema del ritorno dei profughi è controverso. Da una parte, il Kosovo, per essere ancora Serbia, ha bisogno che i serbi tornino. Dall’altra, chi è fuggito dieci anni fa, quasi undici, e ha visto crescere i propri figli lontano dal Kosovo stesso, li ha visti sviluppare conoscenze e amicizie in altro posto, non pensa a un ritorno perché sarebbe, a questo punto, innaturale. Che fare? Tornare ora, sarebbe cosa incomprensibile agli occhi di questi figli. E, forse, ormai anche ai propri…
Torniamo in hotel, accompagnati da Borislav che accompagnerà a casa anche la nostra cara amica Jelena, che ha fatto da interprete. Una birra ancora, nonostante la rakija, prima di andare a dormire. Ma non servirà a chiarire le tante domande che ancora, cocciuti e testardi, ci poniamo…

Il 23 mattina cominciamo a chiamare le famiglie per lasciare il sostegno a distanza per Svetlost 1.
Ne incontriamo alcune, ma subito dobbiamo recarci a casa di Rosa Lazic, dove ordiniamo materiale ricamato a mano per fine novembre. Tovaglie su misura, ma anche portabottiglie, porta occhiali, centrini per il pane, borse, porta telefonini, guanti di lana… tutto rigorosamente fatto a mano. C’è la nipote di Rosa, Jasmina, che vive a Capodistria e che è lì in visita. Ha 24 anni, è molto interessante parlare con lei. Potrebbe in futuro essere coinvolta nelle nostre attività, studia e si occupa di marketing e promozione di immagine, perché, parlando di alcuni prodotti alimentari biologici che donne di Kraljevo, riunite in associazione, stanno cercando di far conoscere, escono fuori anche molti limiti strutturali e di poca attitudine mentale che una cosa del genere porta con se. E lei sembra avere le idee chiare sul come, invece, si dovrebbe fare...
Rosa vive, ora, nella sua nuova casa a Beranovac, di fronte all’Istituto per orfani Deci Selo. Con lei, ci sono anche il padre e la madre che, ormai già da qualche mese, dopo una operazione agli occhi, non vede più. Rosa è felice di questo appartamento, dopo 10 anni vissuti in una stanzetta fatiscente di un ex hotel a Mataruska Banja. L’appartamento, all’interno di uno dei palazzi costruiti dalla cooperazione tedesca, di fianco a quelli della cooperazione italiana, non è molto grande. Una stanza, un soggiorno, un angolo cottura, un bagno e un balcone. Ma, finalmente, può chiamarsi “casa”.

All’ora di pranzo partiamo in autobus per Kragujevac dove assistiamo e partecipiamo alla inaugurazione della palestra. C’è una bella presentazione con tanto di consegna diretta delle quote. Vengono donati dei diplomi a ricordo dell’evento. Siamo molto soddisfatti perché nella targa affissa all’ingresso, oltre al nome di UPP, c’è quello di Giuseppe Torre, nostro carissimo, impegnato, schieratissimo, a favore dei serbi, e generoso donatore. Ci sono anche Riccardo Pilato, della rete di Brescia per la Zastava, che ha contribuito al progetto e Bruno Maran, amico fotografo col quale abbiamo in mente future collaborazioni. Ci sono anche le modelle di una televisione locale, molto seguita dai giovani, che hanno contribuito alla ristrutturazione. Ci chiedono una intervista che concediamo volentieri, con al fianco la preziosa e insostituibile Rajka, che funge da interprete ma pure da validissima consigliera.
A seguire, ci viene offerta una cena alla quale partecipiamo con entusiasmo e grande amicizia. C’è musica, ma poi arriva anche una banda di suonatori di trombe, che ci sta proprio bene. Si balla il kolo tutti insieme, si canta, si parla. Gilberto ci illustra un’idea di progetto da realizzarsi insieme a Riccardo Pilato e con altre realtà. Si tratta della ristrutturazione dell’area sanitaria di una scuola frequentata da profughi a Sumarice (Kragujevac), la cui fattibilità dovremo valutare ma per la cui riuscita ci adopereremo al massimo. E’ una collaborazione che vogliamo mantenere e far sviluppare, dentro il mare della solidarietà. Con il popolo serbo, ex jugoslavo, vittima di atroce ingiustizia e incommensurabile menzogna.
Alla fine della serata, ci accompagnerà a Kraljevo un amico di Jasmina, la direttrice dell’associazione Sclerosi multipla di Kragujevac che deve averlo, evidentemente, precettato..

Il 24 Ottobre, di mattina presto, facciamo visita al mercato di Kraljevo, dove facciamo piccoli acquisti. Incontriamo anche una famiglia sostenuta a distanza e della quale ospitiamo i tre figli, i Lacmanovic, alla quale consegniamo il sostegno.
Torniamo a casa di Novka e procediamo con le telefonate per gli appuntamenti relativi alla consegna di altri sostegni, che cerchiamo di inserire fra uno spostamento e l’altro.
Ci chiama Jelena, che ha fatto da interprete l’altra sera a casa Jakovljevic. Ci ha fissato un appuntamento con la scuola d’Arte di Kraljevo, dove vorremmo intervenire a sostegno di alcune attività che hanno in mente ma che risultano di difficile realizzazione per motivi burocratici ed anche economici. D’accordo col direttore, un tipo stravagante come può esserlo solo un direttore di una scuola d’Arte e col quale restiamo a parlare per quasi due ore, cercheremo di collaborare alla realizzazione di un corso per quattro gruppi formati da 10-12 persone. Un gruppo formato da bambini, per l’avviamento alle conoscenze artistiche; uno da adolescenti, che potrebbero in futuro, se interessati, frequentare la scuola; uno preparatorio per l’università diretto a chi vorrebbe scegliere materie artistiche ma ha frequentato altro tipo di scuola; un altro formato da adulti, senza limiti di età, anziani compresi. Ovviamente, tutte persone con alle spalle situazioni di difficoltà economica che ne impedirebbe la frequenza.
Facciamo due conti, costo professori e materiali. Ora ci sarà da recuperare i fondi.
Visitando la scuola, facilmente ci rendiamo conto di come la biblioteca, essenziale in ogni scuola ma in questa ancora di più, sia praticamente... inesistente. E di come, nell’eventualità della realizzazione dell’iniziativa, non possa assolutamente essere lasciata fuori da qualsivoglia intervento. Ci lasciamo in amicizia e simpatia e con la grande speranza che, in questa mattina grigia e piuttosto calda di Kraljevo, il seme gettato possa germogliare presto.

Ritorniamo brevemente dai Jakovljevic per filmare la casa alla luce del giorno.
Nell’occasione, però, viene in mente una vecchia idea, una di quelle che resta nel cassetto, come una foto che, ogni tanto, mai rassegnato, tiri fuori e ti riconduce a un sogno lontano.
I Jakovljevic, ora, hanno mezzo ettaro di terra. Una casetta e un paio di costruzioni da sistemare, dove trovano alloggio tre maiali, legna e materiali vari.
Ci sono poi tre ragazzi che stanno crescendo e fra non molto dovranno iniziare a pensare al proprio futuro. Il tutto, dosato a dovere, appare come un’ideale ricetta per una conduzione famigliare di una attività. Insomma, una piccola azienda agricola.
Ma la particolarità starebbe nella produzione, che noi pensiamo possibile e praticabile, di… di…
Be, e questa è un po’ scaramanzia, per ora sarà meglio non svelare di cosa si tratta. Ne parleremo ancora, valuteremo il da farsi anche sulla base di ciò che Borislav e un suo amico, Vinko, che parla italiano e che è stato coinvolto nella cosa, riusciranno a sapere per quanto riguarda la legislazione relativa. Di sicuro, si tratterebbe di un gran bell’esperimento in terra serba...

Fissiamo appuntamento con alcune ragazzine che ospitiamo in Italia, nel centro di Kraljevo, dove consegneremo loro i sostegni che spettano alle loro famiglie e dove prenderemo un gelato insieme.
Nel frattempo arriva anche Milos, un amico di Kraljevo ex camionista in Italia, che ora trasporta persone con la sua auto privata. Ci racconta di come, in realtà, le cose non vadano bene nel lavoro e nella vita quotidiana. Ci parla di quello che era la Jugoslavia, delle possibilità di un tempo e di come, oggi, tutto sia diventato tremendamente più difficile, con affitti che vanno dai 100 ai 300 euro al mese, con stipendi medi di 2-300 euro, tanto da chiedersi, nel suo accento padano...
Ma tutta questa gente, intorno a me, come fa ad andare avanti? Il gasolio è alle stelle ma poi, all’ora di punta, a Kraljevo non si passa per le macchine. Ma come fanno, Madonna!!!

Il buio arriva presto. Ci salutiamo. Samantha, con la scusa di riaccompagnare le ragazze, non rinuncia a un'altra visita a casa delle Vukovic, mentre Ceca e Sonja vanno dal padre che, con il taxi di servizio, le riaccompagnerà. Dosta e Jelena hanno il padre che le aspetta. Snezana tornerà a piedi da sola. Così come Stefan, al quale il padre ha dato i soldi per il taxi. Non ha rinunciato a salutare le ragazze, pure se in difficoltà per il vestito indossato, poco curato. Ma Stefan stava lavorando nella nuova casa con il fratello Milisav e con il padre, Borislav.
Ti capiamo, Stefan, loro sono davvero tutte molto belle, non è facile rinunciare ad incontrarle…
C’è anche Sasa, arrivato in bicicletta, che mi racconta, felice, di come abbia sanato i debiti a scuola, debiti maturati nell’anno precedente.
Milos porterà me e Vincenzo a un internet point, dove appagheremo tutta la nostra astinenza da connessioni telematiche. Qualche notizia squallida dall’Italia, legata a quella che qualcuno si ostina ancora a chiamare politica, non ci toglie dagli occhi e dalle orecchie la bellezza e il candore, le voci e le risate di questi splendidi ragazzi e ragazze che stiamo seguendo come fossero nostri figli.

Leggo della morte di Ibraj Musa, vecchio albanese kosovaro, partigiano della Jugoslavia, amico dei popoli, siano essi serbi o albanesi, che fu perseguitato dall’Uck fino a pagare la sua contrarietà con 3 figli e 3 nipoti ammazzati. Milos ci parla di suoi amici albanesi di Mitrovica, che raccontano di come l’Uck sia stato portatore di violenze alle quali molti albanesi hanno dovuto sottostare, tanto da non sapere nemmeno più, ora, cosa è giusto e cosa sbagliato. Sarebbe utile incontrarli, ma non credo avranno voglia di parlare con degli stranieri. Il passato, con la sua tragedia, è sempre in agguato e non si riesce a fare a meno di tornare con la mente e la ragione a quel che è successo, al perché siamo qui, ancora oggi, dopo quasi undici anni da quella guerra rovinosa La tragedia passata riaffiora sempre nei discorsi, negli sguardi, nei nostri gesti che esigono verità, conoscenza, denuncia, voglia di non dimenticare.
Un grido di dolore costante e mai sopito.

Decidiamo che la notte andremo a Belgrado con Milos, che si offre di portarci per una cifra molto più bassa del dovuto, in amicizia. Così, con la sua auto a gas, dopo una sosta obbligata dalla polizia che elargisce una inutile, quanto salata multa per la luce dei fari troppo alta, arriviamo a Belgrado alle cinque e mezza, senza aver tenuto conto che l’inverno sta arrivando e che l’ora torna solare proprio stanotte. Sono le quattro e mezza, dunque, e l’ora che tanti recuperano dormendo noi la buttiamo via sulle sedie dell’aeroporto, nell’attesa dell’imbarco. Rimettendo orologi.

P.S.
Dimenticavo un’ultima cosa. Forse, anzi sicuramente, marginale. Ma devo raccontarla.
Ho fatto doppiare dei cd musicali da Marko, il figlio di Novka. In Italia non ne ho avuto il tempo, così li ho portati in Serbia per doppiarli. Era un pensierino per Beba, una delle sorelle Vukovic.
Lei viene a casa mia da qualche anno. Sono canzoni che ascoltavamo insieme questa estate. Fra queste, poi, ce ne è una in particolare che Beba e io cantavamo più delle altre. Sapete quando si rimanda indietro sempre la stessa canzone per tante e tante volte che gli altri, alla fine, non ce la fanno più e ti urlano di smetterla? Ecco, con Beba era proprio così, “Meravigliosa Creatura”. Ora potrà cantarla a casa sua. Ci provo anche io, ogni tanto. Ma da solo, non è la stessa cosa.