giovedì 12 luglio 2012

L’anello di Kaccia

Ci sono anelli che hanno fatto la fortuna di registi dagli effetti speciali sempre troppo accesi. Anelli che hanno scatenato guerre, distruzioni, generato violenze. Ma ci sono anelli che nessuno conoscerà, né troverà. Mai.  Perché sono stati persi, su una spiaggia.

L’anello di Kaccia, in serbo diminutivo di Katarina, è stato perso su una spiaggetta libera, merce rara ormai, sul litorale della Liguria, a Celle Ligure, fra Genova e Ventimiglia.
Kaccia è in vacanza, appena dieci giorni, ospite di una iniziativa di solidarietà promossa da una piccola associazione romana, Un Ponte per. Kaccia viene dalla Serbia, precisamente da Kraljevo, insieme ad altri tredici suoi coetanei, storie di dopoguerra, uranio impoverito, dimenticanze. E di colpe mai pagate, mai ammesse, mai scusate, come si usa nella nostra società che si vuole così giusta e democratica da imporre agli altri la propria giustezza e democrazia.
Kaccia è in vacanza per una decina di giorni appena. Ha perso la mamma, Kaccia, qualche mese fa. Quell’anello glielo aveva regalato proprio lei. Oggi anche il suo papà è malato. E anche il suo fratello grande, trent’anni, è malato. Kaccia è il faro della famiglia, tutti si rivolgono a lei.
Ma sorride, mentre gioca a biliardino con mia figlia. O mentre gioca a pallavolo, Kaccia ha una battuta davvero efficace. Sorride, ha segnato un punto, sta vincendo, prova a dimenticare dolore e solitudine. Si è disegnata sulle unghie il simbolo della pace. Prova a far finta che la vita è bella.
Abbiamo cercato il suo anello, senza trovarlo, fra i sassi della spiaggia. Quei sassi che il mare ha consumato, ormai da troppo tempo. Insieme alla mia voglia di gridare al mondo... che Kaccia vorrebbe solo vivere la sua vita.