giovedì 4 settembre 2014

Monaci (R)esistenti

Ci si alza alle cinque, per le funzioni in chiesa. Poi, si lavora nel monastero, nelle stalle, nei campi, nei villaggi, nelle scuole, a fianco con la tua gente, che resiste come te. Isolata, ghettizzata, spesso umiliata. Anelli di una catena millenaria che, però, non va spezzata, per dare a chi verrà il senso di tutto. Della vita, della morte, di radici che portano a Dio.

Questo sono i monaci ortodossi del Kosovo (e Metohija, la terra che appartiene ai monasteri), ridotti a girare con lo spray urticante per il continuo pericolo di violenze cui nessun accordo sembra porre rimedio. Come ad agosto, quando un gruppo di fanatici albanesi (purtroppo tanti giovanissimi...) ha cercato di impedire la celebrazione della Dormizione della Vergine, la “Theotokos”, nel villaggio di Musutište, sulle rovine della chiesa costruita nel 1315 e distrutta da estremisti albanesi nell’estate del 1999 quando le truppe Nato della Kfor avrebbero dovuto garantire la sicurezza. I monaci hanno lasciato il villaggio, un tempo abitato da serbi, scortati dalla polizia, insieme ai tre autobus con 150 pellegrini. 

 
Così, anche una semplice liturgia diventa pretesto per gli estremisti albanesi per causare violenza e barbarie in un Kosovo abbandonato al suo destino, insieme all’immenso Patrimonio Culturale che, nonostante secoli di dominazione turca, guerre balcaniche, due guerre mondiali e “l’umanitarismo” della Nato del ’99, con bombardamenti indiscriminati su tutto il territorio, ancora esiste.




Ma qualcosa sta cambiando, se addirittura il presidente della Commissione Europea, Barroso, ritiene necessaria la protezione speciale dei luoghi santi serbi in Kosovo”, aggiungendo che “i monasteri dovrebbero essere fonte di dialogo inter-culturale, piuttosto che di conflitto.  Inseriti tra i cinque più importanti luoghi sacri del Mediterraneo con Gerusalemme, Monte Athos, la Mecca e Vaticano, i monasteri hanno l’attenzione anche del papa... La Chiesa cattolica ritiene che l'Europa abbia bisogno della tradizione cristiana e umanistica della Serbia”, ha affermato mons. Paglia, presidente del pontificio consiglio per la famiglia.

Nel recente incontro a Belgrado, la Santa Sede ha appoggiato il processo di integrazione europea della Serbia mentre il presidente serbo Nikolić, da parte sua, ha espresso gratitudine alla Santa Sede per non aver riconosciuto l'indipendenza del Kosovo. Paglia ha offerto l'assistenza della Chiesa cattolica nella protezione del patrimonio culturale serbo in Kosovo, a cominciare dai monasteri medievali.


la Madonna Odighitria, monastero di Hilandar, Monte Athos

L’ultima volta che il Vaticano s’è occupato di Balcani, nel secolo scorso, sono state lacrime e sangue per i serbi-ortodossi (basti pensare al campo di sterminio di Jasenovac, in Croazia). Speriamo che il “nuovo corso” di papa Francesco porti qualcosa di buono anche per questa terra martoriata, dove tanti monaci, oggi nostri amici fraterni con tanti serbi dei villaggi, mentre scriviamo resistono, in un quotidiano fatto non solo di preghiera ma di tanta, troppa sofferenza.