venerdì 7 settembre 2012

Oceani di speranza

Viaggio di rientro per i tre ragazzi ospitati a casa mia, Beba, Saša, Andjela. In meno di 15 ore, dall’Umbria a Kraljevo, per circa 1400 chilometri con la macchina. A fine agosto ne avrei percorsi più di 8 mila. Nel bagagliaio, oltre valigie e regali vari, 2 televisori vecchi ma funzionanti per la famiglia di Novka Milanović, a Kraljevo. Ci saranno problemi, risolvibili, di sintonizzazione dei canali.
Il 27 agosto mattina, dopo aver sentito per telefono padre Ilarion del monastero di Draganac, parto per il Kosovo e Metohija, con l’obiettivo di:
incontrare alcune della famiglie che manderanno i figli il 3 settembre in Italia, al mare ad Anzio, in una vacanza organizzata da Un Ponte per…; visitare il monastero di Draganac dove svolge la sua opera padre Ilarion, col quale è iniziata una valida collaborazione e che si sta occupando proprio dei ragazzi che verranno in Italia e di molte famiglie da noi sostenute o sostenibili in futuro…; verificare, con il monastero di Dečani, lo stato dei lavori per la costruzione di pozzi artesiani in alcune zone abitate dai serbi in Kosovo e Metohija…;  visitare la zona di Velika Hoča.
Mi accompagna Vesna, amica serba  già una volta con me in Metohija per i sostegni, disponibile ad aiutarmi anche in questo tour.
La prima volta che sono stato a Draganac pensavo sarebbe stato impossibile tornarci. Adesso ho imparato e, anche se le strade restano impervie, il luogo lontano e isolato, ce la posso fare da solo. Quando si viaggia soli e con i propri mezzi è più semplice, dopo, ricordare la strada.
  
Abbiamo appuntamento con Ilarion a Gračanica, splendido monastero, perla dell’architettura medievale e patrimonio dell’Unesco. Il monastero è davvero troppo vicino alla strada e il rumore del quotidiano andirivieni ne mina fortemente l’atmosfera. Nel pomeriggio avverrà una cerimonia che vedrà una novizia prendere i voti come suor Melania. A celebrarla il vescovo Teodosije, che resterà al monastero per la festa della Dormizione di Maria del giorno dopo, 28 agosto (corrisponde all’Assunzione cattolica del 15 agosto).
Ilarion si farà attendere, noi assisteremo a tutta la funzione, prima di incontrarlo. Ma un contrattempo ci costringerà a tornare a Mitrovica, per ritornare poi a Gračanica a notte inoltrata.
Il giorno dopo si va a Draganac dove pure si celebra la Dormizione di Maria. Molti serbi vengono in visita e assistono alla funzione del mattino. Finito tutto, con Ilarion visitiamo una famiglia, quella di Maja Stanojković che sostituirà un’altra ragazzina che non ha ottenuto il passaporto.
C’è da dire che le cose sono molto confuse riguardo i passaporti e, spesso, si creano situazioni in cui è davvero difficile per le famiglie di queste zone ottenerlo. Per le spese, per i viaggi e per le troppo complicate, a volte, pratiche burocratiche da espletare.
Siamo a Šilovo, piccolo villaggio della zona di Gnjilane. Aspettiamo Maja e sua mamma presso la casa di Ivan, detto “Talijan”, perché da piccolo acchiappava le rane (gli italiani erano considerati dei mangia rane!). Ha aperto questo locale dove si mangia e si beve. Prenderemo delle pizze che la moglie prepara nel suo forno, “vera pizza italiana” ci dice (smentita, ovviamente, dal risultato!).

Ma la pizza si lascia mangiare, Ilarion la prende per gli altri 3 monaci del monastero e per gli amici Carabinieri che, nel pomeriggio, verranno a consegnargli banchi e sedie per la scuola. Ilarion inizierà presto lezioni di religione presso le scuole dei villaggi per due volte la settimana, per 10 ore al giorno. Ma, intanto, oltre a svolgere la sua funzione, cerca di attivarsi per dare una grossa mano alla comunità. Questo mi piace di questo giovane monaco e questo ci accomuna, perché credo sia anche nello spirito di Un Ponte per…, se qualcosa ho capito in questi anni, proprio l’abbinamento “bene immateriale (preghiera, funzioni, contro-informazione)-bene materiale (le attività concrete a sostegno degli esclusi)”.


Dopo aver inviato dal computer di Ilarion la lista aggiornata dei ragazzi (c’è stata una sostituzione), mentre eravamo nel magazzino a scegliere lenzuola che mi sarei portato dietro per i ragazzi da ospitare ad Anzio, Ilarion se ne esce con un improvviso: “Arrivano i Carabinieri!”, che mi fa sobbalzare, apprensione subito sedata dal suo più rassicurante: “Portano banchi e sedie per la scuola…”. L’episodio, raccontato agli stessi Carabinieri, avrebbe suscitato in loro un certo divertimento…
E così, eccomi a dare una mano, con Ilarion occupato in altro, scaricando banchi e sedie e facendo gli onori di casa fra i Carabinieri Kfor del gruppo MSU di Priština (Multinational Specialized Unit, Unità Specializzata Multinazionale), che gradiranno cibo, vino e rakija, con Vesna che fungerà da graditissima cameriera.

Partiti i carabinieri, raggiungiamo Bostane, piccolo villaggio dove c’è la chiesa anch’essa medievale di Sveta Bogorodica. C’è la festa e fa effetto sentire musica serba ad alto volume, tanti ragazzini e ragazzi serbi dei villaggi restare a festeggiare in un posto così piccolo, circondato da albanesi. Ma qui il conflitto è arrivato poco o, comunque, se ne è andato presto. Troppo isolati questi villaggi per suscitare interessi nella malavita che detiene il potere reale di questo neoNato-narcostato! Ma ci tengono, le istituzioni locali (e ce ne accorgeremo presto), a far sapere che ora è tutto diverso, che non c’è più Jugoslavia, che non c’è più Serbia, che esiste solo la “Kosova” (anche se ci sarebbe da discutere sulla semantica di tante parole che vanno a sostituire le originali serbe. Parole e nomi senza una reale e accertata derivazione storica che, in realtà, trovano la loro origine nella terminologia serbo-croata. Per fare un esempio, il villaggio Petrovka, da sveti Petar, san Pietro, viene mutato in Petrove, giustificandone la derivazione dalla parola: pietra!).
A Bostane incontriamo Ivana e due sue amiche che verranno in Italia. Ivana vive ancora nella vecchia casa fatiscente a Gornje Kušce. Molte delle case di questi ragazzi andrebbero risistemate per meglio affrontare l’inverno. Stufe con un minimo di radiatori nelle stanze, sistemazione dei tetti, eliminazione di infiltrazioni… ma un altro inverno li attende. Speriamo non sia terribile come quello dello scorso anno.
Prima di arrivare a Bostane, con Ilarion siamo andati a visitare la chiesa di Ranilug, a Kosovska Kamenica. Qui Ilarion sta sperimentando con dei ragazzi la posa in opera di un intonaco speciale che riproduce l’effetto del marmo, all’interno della chiesa. Tre prove sono state eseguite sul muro all’interno, ne scelgono una. La chiesa deve essere completamente intonacata all’interno, mentre fuori marmo tipo travertino ricorre con file di mattoncini rossi. Un vecchio, dal terreno vicino, ci chiede acqua perché non ne ha. Ne prendiamo una bottiglia da una vicina fontana privata. La beve, contento.
Torniamo a Gračanica, c’è tanta gente nella strada. Le persone passeggiano, mangiano, bevono nei bar aperti fino a tardi, la festa è molto sentita. Nel monastero incontro suor Irina. Ci mostra le stanze dove dormire. Ma le funzioni e le visite continuano fino a notte fonda, anche se disturbate dalla musica esterna che arriva ad alto volume. Sembra che le autorità albanesi finanzino giovani serbi per organizzare feste in determinate date, come ad esempio quella di oggi. C’è una sfilata da qualche parte, si eleggerà miss Gračanica e si canta, si beve, si balla. E allora, la ricorrenza religiosa viene in qualche modo profanata.
Il giorno dopo, alle 4 e 30, una monaca chiama alla funzione battendo ritmicamente il Klepalo (Toaca). Questa pratica viene dal periodo di dominazione turca quando le campane era vietato suonarle perché infastidivano gli invasori. Ma le campane risuoneranno più tardi, dalle 5 in poi. Ho appuntamento con un certo Siniša che cura le pratiche di richiesta visti per i ragazzi. Alle 10 arriva, ma dobbiamo aspettare comunicazioni per andare in ambasciata. Tardando ad arrivare, decido di andare comunque. Siniša torna e mi lascia tutte le pratiche compresi i passaporti del gruppo. Incontro padre Andrej, del monastero di Dečani, che è in giro a raccogliere anche lui banchi e sedie dai carabinieri di Priština. Mi fissa un appuntamento con padre Isaja per andare a vedere come procede il lavoro di scavo dei pozzi. Ma mi sarà impossibile andare. Perché una volta a Priština, chiedendo di essere ricevuti perché Francesco dell’ass. Amici di Decani ha fissato un appuntamento, ci dicono che non c’è nessun appuntamento e che, se vogliamo parlare con loro, dobbiamo aspettare le 15!
Alle 15 siamo ricevuti dal signor Petani, dell’ufficio visti che, nel vedere quel che è stato prodotto, dice che sarà impossibile ottenere i visti. Siamo al 29 agosto, mercoledì, i ragazzi hanno il biglietto per lunedì 3 settembre. Che fare? Cerco di scusarmi per il disguido, forse qualcuno non si è occupato della cosa nel modo migliore, dico, cercando di ammorbidire il responsabile dell’ufficio, molto freddo e distaccato. Dovremo compilare i formulari, produrre gli atti di assenso, i certificati di nascita, 2 foto per ciascuno dei richiedenti, l’assicurazione per tutto il gruppo. Ma il tutto per domani, giovedì 30 agosto, entro le 15! Altrimenti niente vacanza per i ragazzi e soldi dei biglietti aerei buttati! Non ci voglio neppure pensare…
Noi siamo a conoscenza delle procedure ma pensavamo che si fosse preparato tutto, al monastero, con l’aiuto di chi aveva garantito a Ilarion la collaborazione. Ma è tardi per fare elenco di responsabilità e fraintendimenti, dobbiamo accelerare i tempi, abbiamo solo una sera, una notte, una mattina.
 
Per cui inizia la spola fra Gračanica, con l’incantevole Gračaničko jezero ad accompagnarci, Draganac e Bostane, fino nella casa di Emir Ferković, prete ortodosso Rom, parroco della chiesa di Sveta Bogorodica, dove iniziano ad arrivare le famiglie subito avvisate da Ilarion per compilare formulari, produrre le foto (Ilarion ha convocato un ragazzo fotografo che fa foto a chi ne è sprovvisto), portare certificati ( per fortuna tutti li hanno, avendo appena preso il passaporto), firmare atti. Entrando, nel vedere le palačinke preparate da Nada, la figlia del parroco, che verrà in Italia, Ilarion se ne mangia un paio, apprezzando molto e facendo contenta Nada!
La sera, andiamo a casa delle famiglie che non sono state raggiunte telefonicamente o che non sono potute arrivare a Bostane. E così, si piomba in case dove la gente dorme, la si sveglia suonando il clacson della vecchia jeep che Ilarion ha avuto in dono dal comandante Kfor (la mia auto, dopo varie peripezie, l’ho dovuta lasciare perché davvero avrei spaccato tutto proseguendo per quelle strade dissestate e sterrate di campagna), si ottengono firme e si riparte. Andiamo a Makreš, da Aleksandra Trajković, da Andjela Aleksić, da Dragana Antić. Poi, ci dividiamo. Ilarion e il fotografo vanno in altri villaggi, io e Vesna andiamo con un serbo del posto a casa di due famiglie più facilmente (eufemismo!) raggiungibili. Siamo a Koretište dalla famiglia di un prete ortodosso, Kovacević  e dalla famiglia Stojković. Ci chiedono dell'iniziativa, dell'associazione, qualcuno pensa io sia titolare di una Travel Agency! Vesna riesce a superare il mio iniziale senso di scoramento, spiegando bene quale è il vero motivo del nostro essere lì, con loro.
Torniamo e aspetto Ilarion davanti una casa buia e isolata dove, al piano superiore, c’è una specie di bar dove prendo un succo. Un ragazzo si presenta, gli hanno detto che sono italiano. Vive a Schio, è serbo e torna ad agosto nel villaggio di Straža, qui vicino, da parenti e amici. E’ fantastico sentirlo parlare in veneto e poi in serbo, con gli amici. Si chiama Nemanja e mi chiede cose. Al solito, che ci fai qui e perché e com’è… gli racconto e lui pure mi dice del suo lavoro in una falegnameria del Veneto e del padre, tornato perché al contrario, sempre in Veneto, la sua falegnameria ha chiuso. E della situazione dei villaggi.
Arriva Ilarion, ha completato il giro ma bisogna sviluppare le foto. E’ mezzanotte, raggiungiamo lo studio dove lavora il ragazzo, Marko. Il padrone dello studio raccoglie le foto e le manda in stampa. Nel frattempo, saliamo nella bella casa di Marko, dove vive col fratello, Miloš e con i genitori. Ilaron si addormenta. Al risveglio, sono prontele foto… ma lui si mangia tutte le cioccolate messe sul tavolo da Marko. E ne chiede un'altra da portarsi. dietro “E’ finito il digiuno per la Dormizione di Maria!”, ci dice con aria allegra.
Arriviamo a Draganac a notte fonda. Ci si arrangia per dormire, la stanza migliore viene data a Vesna, la cavalleria non è solo roba per laici. Il giorno dopo, alle 7, ci si sveglia per ripartire. Ilarion mi invita nella chiesa per una breve visita e, dopo una breve colazione con Justine, monaco da poco tempo, dopo una vita molto movimentata…, Petar, un giovane monaco e Kiril, l’anziano predecessore di Ilarion, andiamo dal sindaco di Novo Brdo dove, ci dice Ilarion, ci firmeranno gli atti di assenso, scritti in italiano ma non timbrati e ritenuti inaccettabili dall’ufficio visti di Priština.
Entriamo in questo palazzetto di 3 piani, fra gente che guarda Ilarion di traverso e gente che lo saluta amichevolmente. Cerca di parlare albanese, Ilarion e la cosa, ovviamente, è apprezzata. Entriamo, dopo breve trafila, nella stanza del sindaco, un uomo ben vestito e apparentemente cortese, dove spicca un bandierone americano alle sue spalle, con stelle e strisce nei quadri alle pareti.
Sembra de sta n’er Kansas city!” direbbe Alberto Sordi. Invece siamo solo nel Kosovo orientale, in uno sperduto villaggio. E questo sindaco, che crede di appartenere alla 51.a stella degli USA non crede, però, alla parola di Ilarion, perché questo timbro non arriva. Ilarion compila una richiesta che poi non potrà stampare. Ne compilano una loro, con l’elenco dei ragazzini, la timbrano, la firmano, ci allegano le fotocopie degli assensi, salvo perderne tre originali che mai più saranno ritrovati! La solerte segretaria del sindaco li ha fotocopiati tutti ma ne ha perso tre originali. Così, usciamo da questo posto assurdo senza tre originali degli assensi, senza i timbri, con tre ore in meno da poter utilizzare! Abbiamo perso tempo, nonostante l’ottimismo, forse ingenuo o forse rassegnato, di Ilarion.
Ma qualcosa di positivo ci sta guidando. Ci sono gli assensi in serbo, forse andranno bene. Sono tutti, gli ultimi li prendiamo a Gračanica dove ripassiamo. Sono firmati, sono timbrati, sono ufficiali. E abbiamo tutto il resto. Andiamo in fretta a Priština, sono le 13. Ma i funzionari sono appena andati in pausa pranzo… Aspettiamo davanti l’ambasciata lo scorrere lento del tempo, non curandoci delle occhiatacce che ci mandano gli albanesi che passano per la stretta via davanti l’ambasciata. Io a volte rispondo con sguardo altrettanto torvo, mi viene spontaneo, a difesa della tonaca di Ilarion, ovviamente malvista. Ma nessuno farà commenti o provocherà (c'è comunque la polizia davanti l'ambasciata...) e così, verso le 14,30, finita questa lunga pausa pranzo, ecco che arriva il signor Petani che accoglie tutta la documentazione. Sembra tutto a posto, stavolta e ci dice che per domani alle 16 ci saranno i visti. Non per tutti, perché 3 passaporti sono serbi e non hanno bisogno di visto.  Ma ci dice pure che l’ambasciatore non è stato contento di tutta questa approssimazione. Umilmente mi scuso, do ragione all’ambasciatore e assicuro che le prossime volte saremo più corretti. Ma i ragazzi partiranno…
Sulla strada del ritorno non posso non fermarmi, dopo un semaforo, a riprendere con la videocamera la statua bronzea di Bill Clinton, il “padre della Patria kosovara-albanese”, all’ingresso della Bill Clinton boulevard! Davanti a spettacoli così, come davanti alla statua della libertà su un lussuoso hotel di Priština, non sai mai se ridere o piangere. Forse tutte e due le cose avrebbero senso, come sempre in Serbia. Sorrisi e lacrime, matrimoni e funerali. Questo sa più di funerale… e non sembra esserci più molta Serbia, qui.

Dormiamo ancora a Gračanica, dopo aver mangiato e bevuto qualcosa, rilassandoci dopo lo stress, presso una famiglia di amici di Ilarion. Il giorno dopo lo lasciamo e rientriamo a Kraljevo. Ilarion mi avrebbe chiamato alle 17 per dirmi che tutti i visti li aveva con se. Io ero stato poco prima a Gazimestan e, dall’alto della torre che ricorda la battaglia del 28 giugno del 1389, dove l’esercito del principe Lazar fu sconfitto dai turchi, un silenzio irreale, rotto dal vento e una vista magnifica mi riportavano a emozioni lontane. Davvero quell’esercito difendeva il suolo sacro dei monasteri, ma anche la nostra “beneamata, civile, democratica Europa”. Che oggi, sembra aver dimenticato che anche questi serbi umiliati e disprezzati, sono figli suoi.

Il primo settembre, un nuovo ritorno in Italia. Alle 5,30 di mattina si parte. Arriveremo per le 20. Con me, altri tre ragazzi serbi, anche loro nati in Kosovo e Metohija. Ceca e Sonja ospitate per anni presso le nostre case, d’estate e Miloš, in vacanza in Italia solo lo scorso anno, con il primo gruppo dai villaggi della Metohija. Vengono in Italia per studiare all'università di Roma "Tor Vergata". Altre piccole gocce, nell’oceano della speranza.