venerdì 27 maggio 2011

Urràh, Serbia libera! Arrestato pure Mladic!

E così, ora potete venire tutti in Serbia! Stiamo organizzando un viaggio in questo paese, ad agosto (chiamate Un Ponte per... 06-44702906 per avere maggiori dettagli). Un paese, la Serbia, che sta per entrare in Europa, finalmente! O quasi, o forse... E si, perchè non è proprio certo, anche se da oggi è un paese più sicuro, visto che tutti i cosiddetti "criminali di guerra", "pulitori etnici", "fanatici nazionalsiti" teorici della Grande Serbia, colpevoli della sanguinosa mattanza in Jugoslavia degli anni '90, sono al cimitero, in cella al tribunale dell'Aja, o stanno per andarci. Anche Ratko Mladic, generale di quello che fu l'esercito della Repubblica Federale di Jugoslavia, verrà processato, una farsa facilmente prevedibile, al tribunale dell'Aja. Conditio sine qua non, imposta alla Serbia... consegnateci Mladic e, forse, entrerete in Europa. Forse era uno dei parametri di Maastricht, ma mi è sfuggito!
Perché all'Aja? Perché non possono essere i cittadini serbi a processarselo, una volta stabilita l’accusa? Quanta legittimità ancora stiamo riconoscendo a questo pseudo - tribunale, istituito ad hoc contro la Jugoslavia che, mentre ha visto "morire improvvisamente" nelle sue celle il presidente Milosevic (ops, ho detto presidente, dovrei forse adeguarmi ai vari Sofri & c. e definirlo Hitlerosevic, oppure boia dei Balcani o chissà come)... mentre ha fatto di tutto per alimentare la demonizzazione dell'intero popolo serbo, sorvolando sui nazionalismi di Itzebegovic o di Tudjman o degli estremisti albanesi kosovari, ha lasciato liberi criminali come Naser Oric, capo delle milizie musulmane di stanza proprio a Srebrenica, pulitore etnico doc dei villaggi serbi della zona (salvo darsela a gambe quando si è trattato di affrontare non donne, anziani, bambini, come abituato a fare, ma un esercito regolare guidato proprio da Ratko Mladic) o Ramush Haradinaj, massacratore dei serbi e degli albanesi jugoslavisti in Kosovo e Metohija già nel 97 e nel 98. Anni completamente ignorati nelle analisi di ciò che è accaduto in Kosovo, con le bombe umanitarie della Nato così umane da finire per proteggere assassini incalliti (uno su tutti: Agim Tachi, il fidatissimo amico della Albright, accusato di traffico di organi espiantati ai desaparecidos serbi) che ora guidano il governo e la polizia del Kosovo "indipendente". Tutti reduci dell'Uck, che andranno a "proteggere" le minoranze serbe al posto dei soldati della Kfor.
Come, lo abbiamo visto nel marzo del 2004, con 150 fra chiese e monasteri ortodossi distrutti e ancora migliaia di serbi cacciati, in prevalenza anziani, sotto lo sguardo "vigile ma in quel caso distratto" della forza internazionale presente sul territorio.
Perché Mladic è “giustamente", come scrivono molti, consegnato all'Aja? Che diritto ha questa istituzione a giudicare ciò che è accaduto in Jugoslavia? E dove sono, sul banco degli imputati, i tanti personaggi, politici e militari Usa e Ue, le cui mani grondano sangue, alcuni anche italiani? Gente in giacca e cravatta, dal parlare forbito e abitualmente ospitata nei salotti televisi, ma che ha massacrato migliaia e migliaia di persone con scelte irresponsabili di politica estera!
Bush, Clinton, Albright, D’Alema, Bonino, Schroeder, Blair, Sarkozy e chi più ne ha, ne metta… quando li vedremo rispondere delle loro responsabilità e dei loro crimini davanti a un tribunale davvero di Giustizia? Oggi assistiamo alle lacrime di coccodrillo della Carla Del Ponte, intervistata anche da Tommaso Di Francesco su il manifesto, ex procuratore capo che ha speso le prime parole in difesa dei serbi massacrati solo dopo aver lasciato l'incarico. Facile, dopo.
Oggi, bontà sua, riconosce la possibilità che si indaghi per i crimini subiti dai serbi. I serbi, per avere riconosciuto questo diritto, devono però abiurare, fare mea culpa. Non hanno diritti uguali agli altri, hanno diritti solo dopo (e forse) aver garantito qualcosa in cambio. Ormai, stanno vendendo anche la loro anima. Non avranno nulla in cambio, ci scommetto fin da ora.
Quale fiducia in questa pseudo giustizia possono riporre i serbi, che subito ci si affretta a definire "ultranazionalisti" se solo oseranno protestare per l'ennesimo schiaffo alla loro dignità? Una dignità che l'attuale premier, il filo-occidentale Tadic, svende ogni giorno di più. Dai trattati con il Kosovo ormai etnicamente ripulito dai serbi (e, ripeterò fino alla noia, non solo: quanti albanesi e rom e di altre etnie sono stati cacciati perché non graditi alle mafie che oggi regnano indisturbate, a guardia di un territorio dominato dalla più grande base americana nel mondo?), fino agli accordi con i grandi Prenditori (no, non è un refuso... ), gente come Marchionne, affamatori di professione di qualunque popolo e di qualsiasi diritto. Come può essere sconfitto quel senso di vittimismo col quale sempre si denigrano i serbi se i serbi, la loro storia, la loro cultura, le loro radici, il loro orgoglio, il loro essere europei da sempre viene calpestato, ogni volta e allo stesso modo?
Verrebbe da dire... state fuori da questa Europa, da questa comunità internazionale. Ogni volta che si sono occupati di voi, è stato un disastro!

mercoledì 11 maggio 2011

Radnacciàsu!

Tanja continua a ridere della mia pronuncia.
“Radnacciàsu”, che in serbo vuol dire compito in classe, non le piace e quella doppia C proprio non riesco a pronunciarla come lei vorrebbe.

Ha sette anni, Tanja, e ride insieme alla sua amichetta, Anastasija, anche lei di sette anni. Siamo nella scuola Vuk Stefanović Karadžić di Trmbas, villaggio di Kragujevac, in Serbia. La scuola è situata in un campo abitato da famiglie profughe dal Kosovo, vittime dei bombardamenti Nato del ‘99.
Prima delle bombe “umanitarie”, quel villaggio era la sede estiva di tanti alunni delle scuole elementari. Ora, è un piccolo vulcano dove tanta rabbia si accumula, giorno dopo giorno, nell’indifferenza di chi ha causato tutto questo. Quando arriviamo, qualcuno ci guarda diffidente, qualcuno ci chiede soldi, altri ci vogliono solo mostrare le loro povere cose.

Stanno così da 12 anni, il loro presente è fatto di lotte quotidiane per la sopravvivenza.
Stanno così da 12 anni e non sembrano avere un futuro.
Ma il futuro lo leggi negli occhi di giovani madri, come Velika, poco più che ventenne e già madre di due bambini.
Stanno così da 12 anni, e non sembrano avere passato. Ma il passato lo leggi negli occhi di anziane madri, come Dobrìla, che ci mostra la foto del suo giovane figlio mai dimenticato, ammazzato in Kosovo. I suoi assassini sono stati premiati dalle bombe della Nato e, quindi, da quelle dell’Italia, complice e rea confessa, per nulla pentita.

Oggi, a Kragujevac, c’è la visita del presidente della Serbia, Boris Tadić. Difficilmente passerà da queste parti. Così come difficilmente, da queste parti, conosceranno mai il maglioncino casual di Marchionne e le sue ricette di risanamento. Non avevano tanto bisogno di risanarsi, ai tempi della Jugoslavia, Kragujevac la chiamavano la “Torino dei Balcani”, con la sua fabbrica di automobili Zastava, oggi preda dei classici e consolidati ricatti del capitalismo occidentale: investimenti pubblici, profitti privati.
La nostra amica Rajka Veljović, dell’ufficio adozioni della Zastava, sindacato Samostalni, oggi licenziata da tutto ed espulsa, di fatto, dalla fabbrica, ci accompagna facendo da garante per noi nei confronti degli abitanti del villaggio. Il suo volto è triste, stanco, rassegnato. Sono anni che viene qui ma in tanti anni la situazione del villaggio è solo peggiorata.

E la tristezza diventa rabbia, per tutti questi anni di sfacelo e di drammi, per un paese che viveva la sua storia con assoluta dignità e fierezza.
Dignità e fierezza che ritroviamo in quel suo raccontarci della tomba di Tito, a Belgrado, che dal 2002 ha visto aumentare in modo esponenziale le visite. C’è chi la chiama “nostalgia”. Ma, forse, è solo ricordo indelebile di tempi migliori, ormai andati. Rabbia e ricordo, tristezza e disperazione.
Qui a Trmbas, alla gente di questo villaggio, anche Milošević e il suo “regime” garantiva un salario, un’istruzione, cure, cibo, casa e dignità. Ma dalle nostre parti tutti lo consideravano un “regime”, una “dittatura” e si sa, di questi tempi si fanno guerre contro le “dittature”, nel nome di “libertà e diritti umani” e anche fra i "pacifisti", ormai, spesso si applaude agli interventi “umanitari”. Dalla Jugoslavia alla Libia, dall’Iraq alla Palestina, passando per l’Afghanistan o per l’Africa. Salvo sorvolare sui risultati finali di queste guerre, che producono tragedie enormi e incontrollate, ma nel silenzio più totale, dove concetti come “libertà e diritti umani” scompaiono dalle agende politiche e dai mass-media.
Anche le persone di questo villaggio, senza saperlo, sono oggi libere e padrone di sé stesse. Non si rendono conto di quanto sia bello essere padroni di sé stessi. E’ la democrazia. Nessuno più che ti impone cose, ma le scegli tu. Anche se sei ridotto allo sbando e non sai dove sbattere la testa, sarà uno sbando… libero!

Tanja ci consegna il compito in classe svolto.

“Radnacciàsu”, adesso ho imparato, anche se a me sembra di pronunciarlo come prima. Lo consegnano anche gli altri bambini che abbiamo coinvolto in questo nostro gioco. Hanno scritto nome e cognome, luogo e data di nascita. Sono nati a Kragujevac, in Serbia. Hanno dai sette ai dieci anni. Si chiamano Tanja, Anastasija, Sladjana, Stefan, Marina, Filip. Le loro famiglie sono state cacciate dal Kosovo e Metohija, la loro terra. Dodici anni fa. E questo villaggio, nel cuore dell’Europa, aspetta che l’Europa si accorga della sua esistenza. Ma, forse, sarà meglio di no. Già una volta, l’Europa, si è ricordata di loro. Crediamo possa bastare.

p.s. Per il loro compito, abbiamo dato a questi bambini voto 5, il massimo nella scuola serba. Hanno bisogno di credere fortemente in loro stessi.