lunedì 13 febbraio 2017

"Badnji dan, vigilia di Natale" - il video

Il video: "Badnji dan, vigilia di Natale" è su:


https://www.youtube.com/watch?v=zn5QqiIe_7E&t=10s 


(per collegarsi, copiare e incollare l'indirizzo)

Buona visione!


I za vas, dragi prijateli. Sa Srbijom u srcu:

https://www.youtube.com/watch?v=P_AqpRIqzW4&feature=youtu.be

domenica 22 gennaio 2017

Anche se allora vi siete assolti, siete lo stesso coinvolti.


Gennaio 2017, fanno 18 anni dalla morte di De André, formidabile cantautore e poeta genovese che ricordiamo nel titolo di questo breve report.
Marzo 2017, faranno 18 anni dalle bombe sulla Serbia e sul Kosovo e Metohija, già ex Jugoslavia, ma anche 18 anni dall’inizio delle nostre attività in favore dei serbi, profughi dal Kosovo ma anche semplicemente coinvolti nel dramma collettivo del post bombardamenti.
18 anni riportano a età adulta e quando si arriva a età adulta c’è bisogno di lasciar andare, di mollare la presa e far proseguire il cammino con le proprie gambe all’adulto di turno. Il ricordo di De André, così come la nostra presenza fra quelle persone e fra quei luoghi, hanno in comune proprio questo: la necessità di prendere la propria strada, nella storia, nelle coscienze.
Ad accomunarci un amico genovese, Giuseppe, che da qualche tempo non c’è più ma che continua a vivere nella realizzazione delle nostre iniziative che così tanto aveva sollecitato e sostenuto. In suo nome, questa nostra tignosa presenza fra i dimenticati, i serbi, descritti prima come criminali e nemici, ora semplici braccia da sfruttare, alla mercé di disinvolti avventurieri della finanza, pronti a fiutare affari nelle agevolazioni di un governo che sembra non aspettare altro che dimostrare all’Unione Europea la propria affidabilità che, tradotta in termini coorenti, significa abbassamento delle tutele sociali, collettivizzazione degli oneri, privatizzazione dei profitti.
A Giuseppe i serbi piacevano. Piaceva la loro testardaggine, un po’ montanara, un po’ contadina, il loro saper rinunciare, il loro farsi bastare anche la miseria, se necessario. Serbi come Bilijana Rakić, che vive a Konarevo, nel comprensorio di Kraljevo.

Bilijana coi suoi due figli Jovan e Mihailo, è rimasta vedova tre anni fa. Sola, è stata costretta a lasciare la sua casa, la casa del marito, nella quale è ritornata due anni fa, alla morte del cognato che quella casa aveva rilevato. I ragazzi, due anni fa in vacanza al mare, vacanza anch’essa finanziata da Un Ponte per... a Baošiči, in Montenegro, sono anche inseriti nel progetto di sostegno a distanza che, in collaborazione con il nostro partner, la Croce Rossa Serba di Kraljevo, raggiunge decine di famiglie in stato di estrema povertà.

















Ma Bilijana è stata coinvolta anche in un'altra iniziativa, la fornitura di oltre venti serre agricole fra famiglie di Kraljevo e dei villaggi serbi della Metohija, una serra che le ha permesso di coltivare oltre il ciclo normale di produzione che, da queste parti (in questi giorni la temperatura è scesa anche oltre i meno 20 gradi!!!)  è di pochi mesi.
Bilijana ci mostra il suo congelatore pieno di prodotti frutto del suo lavoro e un bel giaccone comprato per uno dei figli: “E' così che uso i soldi del sostegno”, ci dice. Un sostegno globale, dunque, dalle vacanze al mare, momenti di spensieratezza così necessari nella vita dei due ragazzini (ai quali, però, entrambi quest’anno hanno deciso di rinunciare per non lasciare sola la mamma ed aiutarla nei lavori nella serra...), al sostegno a distanza, rapido, concreto, sempre efficace, passando per questa serra che, grazie a quella poca terra che ha a disposizione intorno casa, rappresenta una ricchezza perché offre la possibilità di lavorare. Lavorare per un futuro che sia anche solo un po’ migliore rispetto a un passato che, se non potrà essere dimenticato, potrà almeno essere ricordato con la giusta dolcezza e malinconia.
Stesse scene o quasi presso altre due famiglie che visitiamo, non senza esserci persi con l’auto della Croce Rossa fra stradine di campagna innevate e ai limiti della praticabilità. Cambiano però gli attori, che esigono la stessa attenzione e lo stesso coinvolgimento emotivo. Del resto, siamo sempre proprio tutti coinvolti.

La famiglia Vukičević è stata abbandonata dal marito/padre e mamma Snežana è rimasta con l’anziana madre e i suoi 3 figli: Marko, che è stato in vacanza in Italia proprio vicino Genova, a Celle Ligure, qualche anno fa, quando incontrammo anche Giuseppe, con noi organizzatore e finanziatore di quell’iniziativa, che rimase volentieri fra noi a parlare, sorridere, mangiare, giocare a biliardino, in momenti splendidi... Marian, che è stato l’estate scorsa a Baošiči, in vacanza al mare... Marina, che è molto di aiuto per la mamma. Sneža ci mostra una vecchia serra dove ha messo a germogliare le sementi, pronte a diventare piantine ed essere trapiantate nella “nostra” nuova serra, ora a riposo e che spera potrà darle un raccolto come quello di quest’anno.


 


Infine, la famiglia Todorović che conosciamo per esserci già stati un’altra volta e per i due figli di Milenko, Milan e Ivan, anche loro in Italia a Celle Ligure.
Milenko vive solo con loro, la moglie se ne è andata anni fa. La serra è stata molto generosa, grazie al lavoro di tutti, anche se Milan, che si fa chilometri e chilometri sia per andare a scuola, come il fratello Ivan, che per andare a giocare a pallone, non riesce sempre a stare dietro al padre. Milenko insiste per regalarci ajvar, sorta di patè di peperoni gustosissimo e l’immancabile rakija distillata in casa. Ringrazia tutti, Milenko, per il sostegno a distanza ma anche e soprattutto per la serra. Ne è contento, è davvero un mezzo prezioso per riuscire a produrre quella cosa cui nemmeno un serbo può rinunciare: cibo da mangiare!

Questo nostro testardo continuare a stare fra queste persone, profughi dal Kosovo o semplicemente ridotti in miseria dalle conseguenze dei bombardamenti Nato, in mezzo a questi luoghi sempre più poveri ha un significato preciso, che va oltre l’umana solidarietà con chi se la passa male e non è iniziativa che potrebbe essere riproposta in altri luoghi, come un "pacchetto vacanze". No, questo nostro permanere dopo diciotto anni a fianco dei serbi è frutto di scelte di campo precise, fatte al tempo dei bombardamenti Nato, nel ’99, ma anche prima, durante le sanguinose guerre jugoslave degli anni ’90.
Come detto già, è un bambino diventato adulto, nato in mezzo a bombe infami, in mezzo a menzogne che ce lo presentavano come criminale e nemico. Bombe sganciate a favore dei veri criminali e delinquenti, coloro che oggi hanno in mano il “Kosovo indipendente”, quei fondamentalisti, fanatici irredentisti che propinano sogni di grandi Albanie.
Viene da sorridere, francamente, nel vedere le proteste contro Trump, appena insediatosi alla Casa Bianca, da parte di pseudo pacifisti con le bandiere della pace indosso. Forse a costoro piaceva certamente di più la democratica e affabile Hillary Clinton, moglie di Bill, la cui statua bronzea svetta al centro di Priština, riconosciuto come padre fondatore della patria albanese kosovara, dispensatore generoso di bombe, di uranio impoverito e di soldi, tanti soldi alle mafie locali. Anche le donne “in rosa” protestano contro Trump forse ignare o un tantino distratte da non vedere come vivono oggi donne e uomini come Bilijana o Snežana o Milenko, donne e uomini ridotti così dalle conseguenze di bombe che, sganciate così lontano dalle loro case, non ricordano proprio. Anche voi siete tutte coinvolte, care donne in "rosa"!
Non so che mondo sarà con Trump, certo il mondo disegnato dai suoi predecessori, a chi si ritiene davvero pacifista non può piacere. Al peggio non c’è mai fine ma è difficile immaginare un peggio per quelle popolazioni investite dalle attenzioni dei presidenti USA che sono venuti prima di Donald Trump, l'ultimo compreso, quell'Obama "premio Nobel per la pace", colui che ha lasciato che fossero gettate, non senza evidentemente condividerle, la maggior quantità di bombe fra tutti i presidenti USA della storia. Chissà che Trump, nel suo delirio protezionistico, non arriverà anche a chiudere Bond Steel, la base americana più grande d’Europa costruita subito dopo i bombardamenti del ’99 in Kosovo, nei pressi di Uroševac (pardon, oggi si chiama Ferizaj e la scritta in serbo, perché il nuovo Kosovo nel suo Statuto si dichiara rispettoso delle minoranze, è però spesso cancellata).
Senza ricordare continuamente, fino all’esasperazione questo passato, non avrebbe senso restare fra questa gente. Un passato che dovrebbe, ad esempio, riabilitare Slobodan Milošević, troppo in fretta liquidato all’Aja nelle carceri del tribunale ad hoc per i crimini nella ex Jugoslavia, tribunale che si è guardato bene dal condannare criminali reali che se ne vanno liberi per il mondo o che hanno ricevuto morte in gloria e funerali solenni. Milošević, addirittura oggi assolto dallo stesso tribunale, anche se è assoluzione che va letta fra le righe di una sentenza che riguarda il processo Karadžić  e la Bosnia ma che, di fatto, lo scagiona da crimini contro l'umanità, cosa ignorata dai principale mezzi di "informazione", non fu dunque un criminale ma uno statista al posto sbagliato nel momento sbagliato. Il gioco era truccato, doveva andare così.
La storia sembra insegnare poco e siamo sempre tutti pronti a credere alla giustezza di interventi detti “umanitari e liberatori” contro il despota di turno, “affamatore e assassino” del proprio popolo.
Siamo tutti coinvolti, anche nel continuare a credere alle menzogne che ci vengono propinate in maniera molto sottile e subdola. Basterebbe un sano dubbio su tutto quel che accade, per avere almeno un approccio migliore a questioni così gravi.
Nel ‘99 la menzogna invadeva le nostre case, grazie a gentaglia mascherata da giornalisti o da politici che forse non apostrofavano il disabile o non pronunciavano frasi razziste ma sapevano raccontare bene menzogne al servizio delle bombe che sarebbero presto cadute. Nei telegiornali, nei dibattiti, nei libri in fretta pubblicati, nei titoli dei giornali asserviti al potere, nulla si seppe dei tanti serbi scomparsi molto prima dell’intervento cosiddetto “umanitario”, serbi fatti sparire da squadracce di terroristi fatti passare come liberatori del Kosovo. Alcuni di questi criminali all’Aja non sono riusciti a incriminarli, con molti testimoni morti in circostanze "sospette", alcuni sono addirittura al potere nel nuovo Kosovo, molti di loro entrati a far parte della nuova polizia kosovara, che dovrebbe "salvaguardare" il patrimonio serbo-ortodosso, fatto di Chiese e monasteri plurisecolari. Un patrimonio che rischia di sparire materialmente, come durante il pogrom antiserbo del 2004, quando molte chiese e monasteri furono distrutti o dai radar della memoria collettiva, cercando di farli passare come storia del Kosovo e, quindi, proprietà dello stesso Kosovo monoetnico. Uno schiaffo alla Cultura.
Senza memoria di tutto questo sarà inutile continuare a sostenere famiglie distrutte dalle bombe e dalle loro conseguenze, pagate negli anni a venire, tanto da mettere in ginocchio un’intera popolazione che, caso raro nei Balcani, ancora non si è piegata a entrare nella Nato, nonostante una classe politica che lo farebbe presto e volentieri. Ma, forse, il vento sta cambiando, è un vento freddo, viene dall’Est, ci hanno sbattuto il muso in tanti.
Nel frattempo, continueremo, almeno anche per questo diciottesimo anno, a sostenere in ogni modo i serbi, sia in Serbia che in Kosovo e Metohija. Bambino adulto nato controcorrente e che controcorrente continuerà ad andare, alla ricerca della verità, da raccontare a chi vorrà ascoltare. Serberà memoria, questo ragazzo diventato uomo. E racconterà anche di noi.

GUARDA IL VIDEO: "BADNJI DAN, VIGILIA DI NATALE" 
https://www.youtube.com/watch?v=zn5QqiIe_7E&t=10s

Aiutaci a far vivere questo bambino diventato adulto. Sostieni a distanza famiglie in Serbia o nei villaggi serbi del Kosovo e Metohija. Contatta Un Ponte per... http://www.unponteper.it/it/