venerdì 30 luglio 2010

L’Urlo del Kosovo


di Alessandro Di Meo

Storie vere da cui è impossibili fuggire.
L'urlo che la propaganda non riesce a coprire.
Voci che spezzano il coro allineato del pregiudizio che è letale per le persone tanto quanto le scorie della "guerra umanitaria".

Il Libro
Il libro vuole essere una denuncia del dramma vissuto da migliaia di persone, in prevalenza serbe, cacciate da quella terra, il Kosovo e Metohija, dove hanno da sempre vissuto e convissuto con altre etnie. Le ingerenze esterne dovute a interessi di potere, politici e, soprattutto, malavitosi, hanno tolto la parola alle persone per consegnarla alla propaganda e alla menzogna.
L’autore, attraverso le storie narrate, cerca di spostare l’attenzione sui veri protagonisti della triste e drammatica vicenda: le persone in carne e ossa, facendosi testimone della loro tragica vicenda per una ricostruzione dei fatti meno condizionata da propaganda e luogo comune.

Il DVD
Il documentario è un viaggio tra le conseguenze dei bombardamenti che nel 1999, per 78 giorni, hanno colpito quel che rimaneva della Jugoslavia. A oltre 10 anni di distanza, i problemi e le contraddizioni che la cosiddetta “guerra umanitaria” voleva risolvere si sono, in realtà, moltiplicate. L’insorgere di malattie sempre più gravi, dovute a inquinamento ambientale e uso indiscriminato di uranio impoverito; la chiusura delle fabbriche con conseguente perdita del posto di lavoro; la drammatica situazione dei serbi rimasti nei villaggi del Kosovo, di fatto ghettizzati; lo stato dei monasteri ortodossi, patrimonio culturale e storico dell’umanità, a rischio distruzione. Un viaggio nella Serbia di oggi, ancora troppo devastata nel cuore e nell’anima.

si può richiedere l'edizione completa di libro e dvd a:
http://www.unponteper.it/bottega/description.php?II=315
Codice prodotto: 02084
nome: L'Urlo del Kosovo (Libro+DVD)
Durata: 52'
contributo richiesto: euro 18.00
Spese di spedizione: euro 3.00

martedì 27 luglio 2010

la Fiat Bomba!

Nell’articolo di Alessandro Robecchi di domenica scorsa su “il manifesto”, “Le newco del mondo libero”, mancava all’elenco un modello di auto: la Fiat Bomba.
Questa potrebbe davvero essere prodotta in Serbia, proprio in quella fabbrica, la Zastava, distrutta dai bombardamenti del 1999. Ci racconta Rajka Veljovic, del sindacato Samostalni, che ormai non esiste più, messo all’angolo e lasciato senza i secondi…
“Nel 99 fummo uniti a difendere la Zastava. Stavamo dentro, invitammo le maggiori testate televisive europee per dire che non avremmo abbandonato quella che era la nostra seconda casa. Ma ci bombardarono lo stesso.”.
L’intera intervista è riportata nel film-documentario “L’urlo del Kosovo”, che in questi giorni esce unitamente al libro di cui Tommaso Di Francesco ha scritto appassionata recensione il 23 luglio.
Quella che era la Torino dei Balcani, la città jugoslava di Kragujevac e quella che era la Fiat dei Balcani, la Zastava, furono bombardate senza nessun tipo di remora o ritegno, il giorno della Pasqua ortodossa, mandando in frantumi strutture, macchinari e… uova pasquali, colorate e pronte da distribuire fra i lavoratori. In un vortice dove tutto si mischia, vita e morte, dramma e grottesco, lacrime e scoppi di risate, fu bombardata quella che era la seconda casa di questi lavoratori, così come tutta la Serbia e così come tutto il Kosovo, ultima amputazione in ordine cronologico della Jugoslavia, ultimo schiaffo in faccia a i Serbi.
A Kragujevac un inquinamento ambientale spaventoso dovuto alle fuoriuscite di materiale tossico e oli combustibili usati nelle lavorazioni industriali, ha causato e causa tuttora, nascite con malformazioni e l’insorgenza di malattie tumorali mentre i profughi, che da Kragujevac a Kraljevo vivono sparsi in decine di migliaia, molti dei quali provenienti dalle fabbriche satelliti della Zastava, in particolare da Pec, nel Kosovo occidentale, hanno reso, loro malgrado, la situazione di vita quotidiana drammatica per tutti. Cacciati senza nessuna possibilità di ritorno dalla loro terra, dalla loro vita, nel giro di poche ore dal 10 giugno del 1999, con la Kfor che assisteva “distratta” alle violenze dell’estremismo panalbanese, vivono spesso di sussidi, aiuti, e lavori saltuari. Lavoro diventato una chimera anche per chi lo aveva sempre avuto garantito.
Salari che non arrivano ai 200 euro, prezzi che salgono alle stelle, le verdure più semplici che arrivano anche a un euro al chilo, mentre rasenta i due euro al chilo la carne, senza contare le spese fisse per elettricità, riscaldamento e altro, con il dinaro che ogni mese perde punti, (dall’inizio dell’anno a oggi è passato da 95 per 1 euro ai 105 attuali), se non fosse per le secolari capacità di adattamento alla tragedia delle donne e degli uomini di questo popolo, sarebbe la catastrofe.
E invece, eccoli che ancora resistono. Si resiste a Kragujevac, città che nell’ottobre del ’41 vide intere generazioni di uomini e ragazzi e adolescenti ammazzate in un giorno e mezzo dalla belva nazifascista. Oggi un parco ricorda quell’eccidio al cui confronto le nostre Fosse Ardeatine diventano una carezza. Sa sopportare la gente di Kragujevac il destino avverso, ci vuole ben altro che un Marchionne qualunque per piegarla. Ma questa contrapposizione fra lavoratori italiani e serbi fa molto male, soprattutto a loro. Perché nella sede del vecchio sindacato campeggiano alle pareti le foto della solidarietà, che ancora unisce i lavoratori italiani e serbi, attraverso i sostegni a distanza di centinaia di famiglie di operai o ex operai della Zastava. Dalla Fiat non è arrivata una lira, ancora oggi, mentre dai lavoratori delle varie organizzazioni sindacali la solidarietà non è mai mancata, da quel maledetto 24 marzo 1999 fino a oggi. Non avrebbero mai pensato di doversi trovare coinvolti in queste strumentalizzazioni, vere e proprie guerre fra poveri.
Dalla Fiat, che prima delle bombe era solita mandare panettoni, sono arrivati solo diktat e imposizioni che hanno avuto, come conseguenza, licenziamenti in massa, subappalti, ritmi di lavoro disumani, perdita di garanzie e diritti, impoverimento dei salari, perdita di futuro.
Bisogna che questi ponti fra lavoratori italiani e serbi non vengano distrutti dalla superficialità e dalla propaganda, così come vennero distrutti tanti ponti della Serbia durante i bombardamenti. Vogliono le guerre fra i poveri, ma è ora che i “poveri” comincino a guardare oltre il loro stretto utile quotidiano, perché ci sarà sempre qualcuno più ricattabile pronto a fare gli interessi di manager e aziende senza scrupoli. E gli stessi lavoratori dovranno diffidare dei tanti, soprattutto politici che, a parole, sono con loro ma poi, nei fatti, li lasciano soli. Chi sta rischiando davvero di essere ridotto alla fame, sono soltanto loro, i lavoratori. Pensano di ridurli a più miti pretese, tenendoli sotto ricatto. Ma potrebbero sbagliare e dare modo alla solidarietà di avere il sopravvento.
E allora, questa Fiat Bomba davvero potrebbe diventare un veicolo affidabile, da prodursi in cooperazione Italo-Serba. La Fiat Bomba, della solidarietà.

venerdì 23 luglio 2010

Lettera aperta al popolo serbo

L’arresto del criminale kosovaro albanese Ramus Haradinaj è stato il mezzo bicchiere d’acqua che vi hanno fatto bere per mandare giù l’ennesima pillola avvelenata: il pronunciamento della corte di giustizia (quale giustizia?) dell’Aja, che si è espressa a favore della autoproclamata indipendenza del Kosovo monoetnico.
C’è da scommettere che, fra qualche mese, il criminale verrà di nuovo rilasciato o, al limite, condannato, ma lievemente, ci mancherebbe altro. Magari, vedrete, solo per aver tentato di manipolare le prove a sua accusa. E sarà come multare un killer incallito per aver parcheggiato male la sua auto.
Vi stanno fagocitando, col malaffare, con l’ingiustizia e la corruzione. Richiudete le vostre frontiere! Rifiutate a questa Europa vile, meschina e malavitosa, l’ingresso sul vostro sacro suolo!
All’aeroporto di Belgrado, da un po’ di tempo, vedo arrivare e partire sempre più frequenti frotte di gente maleducata e arrogante, prepotenti delle nuove generazioni e ignoranti delle precedenti. Piccoli e medi imprenditori, a caccia di braccia da lavoro a basso costo, quando non a caccia delle vostre donne, per i loro luridi tornaconti. Vestono bene, questi torvi personaggi, hanno portafogli gonfi. Così come le frotte di attorucoli da strapazzo che vengono nelle vostre città con aria annoiata e scostante, a girare chissà quali inutili fiction televisive, quasi non bastasse l’inutilità delle loro vite, vere e proprie fiction di quotidiana stupidità.

Fermateli alle frontiere! Ripristinate i visti d’ingresso, controllate chi entra e chi esce, che vi stanno prendendo l’Anima! Negategliela!
Negate alla Fiat di venire a banchettare sulla vostra pelle, negate a questi avvoltoi di vegliare sul vostro sfinimento, negate agli sciacalli la vostra storia! Gettate nel Danubio e nella Sava quei politici corrotti che hanno studiato in America, mentre i vostri figli non riuscite a farli studiare più neppure nelle vostre scuole! Gettate a fiume queste marionette, traditori della vostra storia, gente che in televisione va a strappare applausi e consensi, in giacche e cravatte alla moda, ma poi regala i vostri soldi agli avvoltoi che oscurano il vostro cielo. Vi stanno abbandonando sempre più, vendendosi e strappandosi vesti pur di entrare nella Nato e avere il proprio meschino compenso! Si, la Nato, quella che vi ha bombardato e ridotto a terzo mondo, proprio quella, dove fra un po’ entrerete per farne parte da vassalli. Fra non molto, li vedrete scorrazzare, coi loro autoblindo oscurati, sulle vostre strade chiedendo e ottenendo precedenza nel vostro traffico quotidiano. Con la vostra polizia e il vostro esercito ossequiosi a farli passare. Tutto nel nome della sicurezza mondiale. Del resto, già lo fanno in quella che è stata la terra dei vostri padri, il Kosovo e Metohija.

Impediteglielo!
Fatevi promotori di un fronte balcanico che si opponga e resista all’avanzata della barbarie guerrafondaia, allo strapotere della banche, alle minacce dell’arroganza politica. Non abbiate timore perche, tanto, vi ridurranno ugualmente alla fame. Non abbiate timore perché, tanto, non c’è nulla da perdere. Il gioco è truccato, il ricatto vi seppellirà.
Soli, avete ancora una speranza.
Soli, avete ancora di che mangiare, di che bere, di che offrire all’onesto viaggiatore. Fatene vostro unico tesoro. Restate liberi, nella dignità. Noi, la dignità l’abbiamo sepolta da un pezzo, con la memoria di noi stessi.

martedì 13 luglio 2010

L'Urlo del Kosovo (vedi: http://www.uniroma.tv/?id_video=16852 )

Nell’ambito dell’iniziativa “C’è un bambino che...”, ospitalità di bambini e ragazzi profughi di guerra provenienti dalla Serbia, giunta al nono anno e organizzata in collaborazione fra l’associazione “Un Ponte per...” e l’Ateneo di Tor Vergata,
siamo lieti di invitarvi alla serata di saluto di Mercoledì 14 luglio, a partire dalle ore 17,30 presso il piazzale della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’università di Roma Tor Vergata, via Columbia 1.

Nell’occasione, alle ore 18 nell’aula Moscati (primo piano, edificio B, davanti la Presidenza) verrà proiettato in anteprima il documentario: “L’Urlo del Kosovo”
video-film sulle conseguenze subite dalla popolazione civile dopo i bombardamenti della Nato del 1999 sulla Jugoslavia e in particolare su Serbia e Kosovo.

Verrà inoltre presentato il libro omonimo di Alessandro Di Meo, edito da Exòrma.
Sarà presente l’autore.
(vedi: http://www.uniroma.tv/?id_video=16852 )

A seguire, nel piazzale della Facoltà,
musica popolare e ritmica, balli, cibi e bevande, oltre alla rakìja!
Sarà un’occasione per accostarsi in modo discreto al dramma e alla sofferenza
di una delle tante ingiustizie del nostro mondo, che cerchiamo,
anche attraverso la presenza dei ragazzi,
di raccontare con la dolcezza di sguardi pieni di futuro.
Vi aspettiamo.