Kaccia è in vacanza, appena dieci giorni, ospite di una
iniziativa di solidarietà promossa da una piccola associazione romana, Un Ponte
per. Kaccia viene dalla Serbia, precisamente da Kraljevo, insieme ad altri
tredici suoi coetanei, storie di dopoguerra, uranio impoverito, dimenticanze. E
di colpe mai pagate, mai ammesse, mai scusate, come si usa nella nostra società
che si vuole così giusta e democratica da imporre agli altri la propria
giustezza e democrazia.
Kaccia è in vacanza per una decina di giorni appena. Ha
perso la mamma, Kaccia, qualche mese fa. Quell’anello glielo aveva regalato
proprio lei. Oggi anche il suo papà è malato. E anche il suo
fratello grande, trent’anni, è malato. Kaccia è il faro della famiglia, tutti si rivolgono a lei.
Ma sorride, mentre gioca a biliardino con mia figlia. O
mentre gioca a pallavolo, Kaccia ha una battuta davvero efficace. Sorride, ha
segnato un punto, sta vincendo, prova a dimenticare dolore e solitudine. Si è
disegnata sulle unghie il simbolo della pace. Prova a far finta che la vita è
bella.
Abbiamo cercato il suo anello, senza trovarlo, fra i sassi
della spiaggia. Quei sassi che il mare ha consumato, ormai da troppo tempo.
Insieme alla mia voglia di gridare al mondo... che Kaccia vorrebbe solo vivere la sua vita.
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