C’è una scritta, da tanti anni, sul muro che costeggia la via Casilina a Roma, dopo l’incrocio con viale Palmiro Togliatti: “Pinelli vive”.
Giuseppe Pinelli, anarchico milanese, già staffetta partigiana, volò giù da una finestra della questura di Milano, il 15 dicembre del 1969, dove era stato portato per un interrogatorio in seguito all’arresto avvenuto dopo la strage di piazza Fontana, a Milano, del 12 dicembre del 1969. La pista anarchica fu quella seguita dalle indagini. Come spesso accadde, e come spesso tuttora accade, la pista anarchica è quella che viene data per più probabile. Salvo, poi, essere smentita dagli eventi. Ma nessuno se ne ricorderà. E delle matrici fasciste, comuni a tutte le stragi di stato, se ne parlerà quando sarà tardi.
Pinelli, si disse, volò giù da una finestra per un malore. Un po’ come quando si muore perché un proiettile sparato da un poliziotto di stato viene deviato da una rete metallica, o da un sasso gettato in aria da un manifestante. O quando si muore perché ritenuti “pericolosi”, a 18 anni, tornando a casa propria. Toraci soffocati, spaccati dalla furia ceca delle cosiddette forze dell’ordine. Oppure ancora, quando si muore in carcere, sotto la tutela delle forze di stato: polizia, carabinieri, secondini, vigilanza, medici militari… no, son tutti malori.
Sono stato al Ponte della Ghisolfa, un mese fa, a presentare il mio libro L’Urlo del Kosovo. Quel luogo è intriso di storia, quel luogo fu fondato da Giuseppe Pinelli, quel luogo parla ancora di quei tempi. Forse, un po’ datato, forse un po’ “rimastone”, come si dice a Roma. Ma sprizza storia e bandiere rosse da ogni poro!
“Pinelli vive”, dice la scritta sul muro di via Casilina, a Roma… i fascisti sono riusciti solo a cancellare un po’ di falce e martello, ma quella scritta campeggia ancora, orgogliosa e tenace, su quel muro, come fosse un libro di storia.
Proprio oggi, i compagni del Ponte della Ghisolfa, mi hanno chiamato. E mi hanno detto che parte dei soldi ricavati da loro iniziative, sottoscrizioni, incontri, dibattiti, quindi soldi puliti, soldi puri… verranno versati per sostenere alcune famiglie dei villaggi serbi del Kosovo e Metohija, gente che non ne vuole sapere di abbandonare quella che da sempre è la propria terra, quella che da sempre è la propria storia. Gente che resiste, gente che lotta, gente che non si lascia comprare.
Undici famiglie verranno sostenute per tre anni. Undici famiglie conosceranno la solidarietà, l’amicizia, la condivisione… del lutto, della tragedia, ma pure della resistenza.
Sono passato anche stasera, per quella via, la via Casilina, a Roma, dopo l’incrocio con viale Palmiro Togliatti. Ho rivisto quella scritta, l’ho salutata con un pugno chiuso. Davvero, ancora oggi, “Pinelli vive”!
1 commento:
finalmente uno che ragiona con la sua testa.. grazie !
Posta un commento