mercoledì 27 gennaio 2016

Un pallone sgonfiato





E’ di questi giorni la foto del bambino profugo con la maglietta di Messi sulle spalle, in realtà una busta di plastica a strisce bianche e celesti con sopra disegnati a mano numero e nome del campione argentino del Barcellona. Il bimbo è di spalle, non se ne vede il volto: secondo alcuni blog in Turchia, è iracheno e vive nella regione di Dohuk, in Iraq; per altre fonti invece sarebbe siriano.

Lo staff di Messi si starebbe interessando alla storia, cercando di trovare il bambino per aiutarlo. La foto ha fatto il giro del mondo, è divenuta virale. Speriamo davvero possano trovarlo quel ragazzino: per lui, forse, ci sarebbe qualche possibilità per una vita migliore.


La storia di Aleksandar, 10 anni, non farà il giro del mondo. Anche Aleksandar metterebbe volentieri la maglietta di Messi sulle spalle o, forse, quella di Cristiano Ronaldo, anche se ad Aleksandar basterebbe quella dello zio. Lo zio, Dejan, è stato un bravo calciatore Jugoslavo, ed ha giocato anche all’estero. Aleksandar avrebbe voluto seguirne le orme e chissà, magari andare oltre, giocando nei campionati maggiori, in Italia, in Inghilterra, in Germania o in Spagna. La passione per il calcio è così forte... Ama molto giocare con i suoi animali, Aleksandar, che cerca di non far scappare da quella casa, sulla strada che da Kraljevo passa per Beranovac, dove ci sono gli alloggi dei profughi dal Kosovo, fra i quali molti di quelli che hanno mandato i loro figli in Italia, anni fa, in iniziative di Un Ponte per... Anche Aleksandar sarebbe dovuto andare al mare una volta, inserito in un’iniziativa di Un Ponte per...

Ma Aleksandar ha avuto un problema a una gamba proprio quest’estate. Improvviso, inatteso, crudele. E poi l’ospedale, e poi l’operazione e poi una gamba che rimane più corta dell’altra.

Così, è rimasto a casa coi suoi amici animali, Aleksandar, quegli animali che, a volte, tiene legati per la disperata paura di perderli. Speriamo l’anno prossimo possa andarci al mare e farci avere uno di quei disegni che i ragazzini ci mandano, ogni anno, come saluto. Disegni così meravigliosamente semplici, così meravigliosamente veri.


Adesso i medici gli hanno detto che dovrebbe nuotare, gli farebbe bene alle gambe e gli hanno anche suggerito che, così, potrebbe diventare un campione nel nuoto, forse, un giorno. Ma Aleksandar non sa nuotare, dovrebbe imparare e, al solito, i soldi per tutto ciò che appare superfluo quando si vive nell’emergenza, non ci sono. Vive con il padre e i nonni, in una casa povera e malmessa, Aleksandar. La mamma se ne è andata via, anni fa, quando lui aveva appena pochi mesi. Storie di sopravvivenza, storie di abbandoni, dolorosi, a volte, incomprensibili, inaccettabili.

Il desiderio di Aleksandar, era far vedere alla mamma quanto sarebbe stato bravo col pallone fra i piedi. Un sogno svanito. Il pallone di Aleksandar si è improvvisamente sgonfiato.


Aleksandar è inserito nel progetto di sostegno a distanza che Un Ponte per... porta avanti da 15 anni con famiglie disagiate del comprensorio di Kraljevo, Serbia del sud, dove a migliaia furono sistemati i profughi dal Kosovo, dopo i bombardamenti della Nato del 1999. Di loro nessuno ricorda nulla, nessuno sembra ricordarsi più. Un Ponte per.. no. Un Ponte per... non li ha dimenticati. Erano i profughi invisibili, così li chiamammo e invisibili sono rimasti. Almeno Aleksandar, speriamo possa divenire visibile. Almeno Aleksandar e altri ragazzini come lui, speriamo non vengano dimenticati. Hanno bisogno di un nostro piccolo aiuto. Noi ci siamo: e tu?


Per i sostegni a distanza in Serbia, Kosovo e Metohija, contatta: www.unponteper.it


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