Viaggio di rientro per i tre ragazzi ospitati a casa mia,
Beba, Saša, Andjela. In meno
di 15 ore, dall’Umbria a Kraljevo, per circa 1400 chilometri con la macchina. A
fine agosto ne avrei percorsi più di 8 mila. Nel bagagliaio, oltre valigie e
regali vari, 2 televisori vecchi ma funzionanti per la famiglia di Novka
Milanović, a Kraljevo. Ci
saranno problemi, risolvibili, di sintonizzazione dei canali.
Partiti i carabinieri, raggiungiamo Bostane, piccolo villaggio dove c’è la chiesa anch’essa medievale di Sveta Bogorodica. C’è la festa e fa effetto sentire musica serba ad alto volume, tanti ragazzini e ragazzi serbi dei villaggi restare a festeggiare in un posto così piccolo, circondato da albanesi. Ma qui il conflitto è arrivato poco o, comunque, se ne è andato presto. Troppo isolati questi villaggi per suscitare interessi nella malavita che detiene il potere reale di questo neoNato-narcostato! Ma ci tengono, le istituzioni locali (e ce ne accorgeremo presto), a far sapere che ora è tutto diverso, che non c’è più Jugoslavia, che non c’è più Serbia, che esiste solo la “Kosova” (anche se ci sarebbe da discutere sulla semantica di tante parole che vanno a sostituire le originali serbe. Parole e nomi senza una reale e accertata derivazione storica che, in realtà, trovano la loro origine nella terminologia serbo-croata. Per fare un esempio, il villaggio Petrovka, da sveti Petar, san Pietro, viene mutato in Petrove, giustificandone la derivazione dalla parola: pietra!).
Il 27 agosto mattina, dopo aver sentito per telefono padre
Ilarion del monastero di Draganac, parto per il Kosovo e Metohija, con
l’obiettivo di:
incontrare alcune della famiglie che manderanno i figli il 3
settembre in Italia, al mare ad Anzio, in una vacanza organizzata da Un Ponte
per…; visitare il monastero di Draganac dove svolge la sua opera padre Ilarion,
col quale è iniziata una valida collaborazione e che si sta occupando proprio
dei ragazzi che verranno in Italia e di molte famiglie da noi sostenute o
sostenibili in futuro…; verificare, con il monastero di Dečani, lo stato dei lavori per la
costruzione di pozzi artesiani in alcune zone abitate dai serbi in Kosovo e
Metohija…; visitare la zona di Velika Hoča.
Mi accompagna Vesna, amica serba già una volta con me in Metohija per i
sostegni, disponibile ad aiutarmi anche in questo tour.
La prima volta che sono stato a Draganac pensavo sarebbe
stato impossibile tornarci. Adesso ho imparato e, anche se le strade restano
impervie, il luogo lontano e isolato, ce la posso fare da solo. Quando si viaggia
soli e con i propri mezzi è più semplice, dopo, ricordare la strada.
Abbiamo appuntamento con Ilarion a Gračanica, splendido monastero, perla
dell’architettura medievale e patrimonio dell’Unesco. Il monastero è davvero
troppo vicino alla strada e il rumore del quotidiano andirivieni ne mina
fortemente l’atmosfera. Nel pomeriggio avverrà una cerimonia che vedrà una
novizia prendere i voti come suor Melania. A celebrarla il vescovo Teodosije,
che resterà al monastero per la festa della Dormizione di Maria del giorno dopo,
28 agosto (corrisponde all’Assunzione cattolica del 15 agosto).
Ilarion si farà attendere, noi assisteremo a tutta la
funzione, prima di incontrarlo. Ma un contrattempo ci costringerà a tornare a
Mitrovica, per ritornare poi a Gračanica
a notte inoltrata.
Il giorno dopo si va a Draganac dove pure si celebra la
Dormizione di Maria. Molti serbi vengono in visita e assistono alla funzione
del mattino. Finito tutto, con Ilarion visitiamo una famiglia, quella di Maja
Stanojković che sostituirà
un’altra ragazzina che non ha ottenuto il passaporto.
C’è da dire che le cose sono molto confuse riguardo i
passaporti e, spesso, si creano situazioni in cui è davvero difficile per le
famiglie di queste zone ottenerlo. Per le spese, per i viaggi e per le troppo
complicate, a volte, pratiche burocratiche da espletare.
Siamo a Šilovo,
piccolo villaggio della zona di Gnjilane. Aspettiamo Maja e sua mamma presso la
casa di Ivan, detto “Talijan”, perché da piccolo acchiappava le rane (gli
italiani erano considerati dei mangia rane!). Ha aperto questo locale dove si
mangia e si beve. Prenderemo delle pizze che la moglie prepara nel suo forno,
“vera pizza italiana” ci dice (smentita, ovviamente, dal risultato!).
Ma la pizza si lascia mangiare, Ilarion la prende per gli altri 3 monaci del monastero e per gli amici Carabinieri che, nel pomeriggio, verranno a consegnargli banchi e sedie per la scuola. Ilarion inizierà presto lezioni di religione presso le scuole dei villaggi per due volte la settimana, per 10 ore al giorno. Ma, intanto, oltre a svolgere la sua funzione, cerca di attivarsi per dare una grossa mano alla comunità. Questo mi piace di questo giovane monaco e questo ci accomuna, perché credo sia anche nello spirito di Un Ponte per…, se qualcosa ho capito in questi anni, proprio l’abbinamento “bene immateriale (preghiera, funzioni, contro-informazione)-bene materiale (le attività concrete a sostegno degli esclusi)”.
Ma la pizza si lascia mangiare, Ilarion la prende per gli altri 3 monaci del monastero e per gli amici Carabinieri che, nel pomeriggio, verranno a consegnargli banchi e sedie per la scuola. Ilarion inizierà presto lezioni di religione presso le scuole dei villaggi per due volte la settimana, per 10 ore al giorno. Ma, intanto, oltre a svolgere la sua funzione, cerca di attivarsi per dare una grossa mano alla comunità. Questo mi piace di questo giovane monaco e questo ci accomuna, perché credo sia anche nello spirito di Un Ponte per…, se qualcosa ho capito in questi anni, proprio l’abbinamento “bene immateriale (preghiera, funzioni, contro-informazione)-bene materiale (le attività concrete a sostegno degli esclusi)”.
Dopo aver inviato
dal computer di Ilarion la lista aggiornata dei ragazzi (c’è stata una
sostituzione), mentre eravamo nel
magazzino a scegliere lenzuola che mi sarei portato dietro per i ragazzi da
ospitare ad Anzio, Ilarion se ne esce con un improvviso: “Arrivano i
Carabinieri!”, che mi fa sobbalzare, apprensione subito sedata dal suo più
rassicurante: “Portano banchi e sedie per la scuola…”. L’episodio, raccontato
agli stessi Carabinieri, avrebbe suscitato in loro un certo divertimento…
E così, eccomi a dare una mano, con Ilarion occupato in altro, scaricando banchi e
sedie e facendo gli onori di casa fra i Carabinieri Kfor del gruppo MSU di
Priština (Multinational Specialized
Unit, Unità Specializzata Multinazionale), che gradiranno cibo, vino e rakija,
con Vesna che fungerà da graditissima cameriera.
Partiti i carabinieri, raggiungiamo Bostane, piccolo villaggio dove c’è la chiesa anch’essa medievale di Sveta Bogorodica. C’è la festa e fa effetto sentire musica serba ad alto volume, tanti ragazzini e ragazzi serbi dei villaggi restare a festeggiare in un posto così piccolo, circondato da albanesi. Ma qui il conflitto è arrivato poco o, comunque, se ne è andato presto. Troppo isolati questi villaggi per suscitare interessi nella malavita che detiene il potere reale di questo neoNato-narcostato! Ma ci tengono, le istituzioni locali (e ce ne accorgeremo presto), a far sapere che ora è tutto diverso, che non c’è più Jugoslavia, che non c’è più Serbia, che esiste solo la “Kosova” (anche se ci sarebbe da discutere sulla semantica di tante parole che vanno a sostituire le originali serbe. Parole e nomi senza una reale e accertata derivazione storica che, in realtà, trovano la loro origine nella terminologia serbo-croata. Per fare un esempio, il villaggio Petrovka, da sveti Petar, san Pietro, viene mutato in Petrove, giustificandone la derivazione dalla parola: pietra!).
A Bostane incontriamo Ivana e due sue amiche che verranno in
Italia. Ivana vive ancora nella vecchia casa fatiscente a Gornje Kušce.
Molte delle case di questi ragazzi andrebbero risistemate per meglio affrontare
l’inverno. Stufe con un minimo di radiatori nelle stanze, sistemazione dei
tetti, eliminazione di infiltrazioni… ma un altro inverno li attende. Speriamo
non sia terribile come quello dello scorso anno.
Prima di arrivare a Bostane, con Ilarion siamo andati a visitare
la chiesa di Ranilug, a Kosovska Kamenica. Qui Ilarion sta sperimentando con
dei ragazzi la posa in opera di un intonaco speciale che riproduce l’effetto
del marmo, all’interno della chiesa. Tre prove sono state eseguite sul muro all’interno,
ne scelgono una. La chiesa deve essere completamente intonacata all’interno,
mentre fuori marmo tipo travertino ricorre con file di mattoncini rossi. Un
vecchio, dal terreno vicino, ci chiede acqua perché non ne ha. Ne prendiamo una
bottiglia da una vicina fontana privata. La beve, contento.
Torniamo a Gračanica, c’è tanta gente
nella strada. Le persone passeggiano, mangiano, bevono nei bar aperti fino a
tardi, la festa è molto sentita. Nel monastero incontro suor Irina. Ci mostra
le stanze dove dormire. Ma le funzioni e le visite continuano fino a notte
fonda, anche se disturbate dalla musica esterna che arriva ad alto volume.
Sembra che le autorità albanesi finanzino giovani serbi per organizzare feste
in determinate date, come ad esempio quella di oggi. C’è una sfilata da qualche
parte, si eleggerà miss Gračanica e si canta, si beve, si balla. E allora, la ricorrenza
religiosa viene in qualche modo profanata.
Il giorno dopo, alle 4 e 30, una monaca chiama alla funzione
battendo ritmicamente il Klepalo (Toaca). Questa pratica viene dal periodo di
dominazione turca quando le campane era vietato suonarle perché infastidivano
gli invasori. Ma le campane risuoneranno più tardi, dalle 5 in poi. Ho appuntamento
con un certo Siniša che cura le pratiche di richiesta visti
per i ragazzi. Alle 10 arriva, ma dobbiamo aspettare comunicazioni per andare
in ambasciata. Tardando ad arrivare, decido di andare comunque. Siniša torna e mi lascia tutte le pratiche
compresi i passaporti del gruppo. Incontro padre Andrej, del monastero di Dečani, che è in giro a raccogliere anche lui
banchi e sedie dai carabinieri di Priština. Mi fissa un appuntamento con padre Isaja per andare
a vedere come procede il lavoro di scavo dei pozzi. Ma mi sarà impossibile
andare. Perché una volta a Priština, chiedendo di essere ricevuti perché Francesco dell’ass.
Amici di Decani ha fissato un appuntamento, ci dicono che non c’è nessun
appuntamento e che, se vogliamo parlare con loro, dobbiamo aspettare le 15!
Alle 15 siamo ricevuti dal signor Petani, dell’ufficio visti
che, nel vedere quel che è stato prodotto, dice che sarà impossibile ottenere i
visti. Siamo al 29 agosto, mercoledì, i ragazzi hanno il biglietto per lunedì 3
settembre. Che fare? Cerco di scusarmi per il disguido, forse qualcuno non si è
occupato della cosa nel modo migliore, dico, cercando di ammorbidire il
responsabile dell’ufficio, molto freddo e distaccato. Dovremo compilare i
formulari, produrre gli atti di assenso, i certificati di nascita, 2 foto per ciascuno
dei richiedenti, l’assicurazione per tutto il gruppo. Ma il tutto per domani,
giovedì 30 agosto, entro le 15! Altrimenti niente vacanza per i ragazzi e soldi
dei biglietti aerei buttati! Non ci voglio neppure pensare…
Noi siamo a conoscenza delle procedure ma pensavamo che si fosse
preparato tutto, al monastero, con l’aiuto di chi aveva garantito a Ilarion la
collaborazione. Ma è tardi per fare elenco di responsabilità e fraintendimenti,
dobbiamo accelerare i tempi, abbiamo solo una sera, una notte, una mattina.
Per
cui inizia la spola fra Gračanica, con l’incantevole
Gračaničko jezero ad accompagnarci, Draganac e
Bostane, fino nella casa di Emir Ferković, prete ortodosso Rom, parroco della chiesa di Sveta
Bogorodica, dove iniziano ad arrivare le famiglie subito avvisate da Ilarion
per compilare formulari, produrre le foto (Ilarion ha convocato un ragazzo
fotografo che fa foto a chi ne è sprovvisto), portare certificati ( per fortuna
tutti li hanno, avendo appena preso il passaporto), firmare atti. Entrando, nel
vedere le palačinke
preparate da Nada, la figlia del parroco, che verrà in Italia, Ilarion se ne
mangia un paio, apprezzando molto e facendo contenta Nada!
La sera, andiamo a casa delle famiglie che non sono state
raggiunte telefonicamente o che non sono potute arrivare a Bostane. E così, si
piomba in case dove la gente dorme, la si sveglia suonando il clacson della vecchia
jeep che Ilarion ha avuto in dono dal comandante Kfor (la mia auto, dopo varie
peripezie, l’ho dovuta lasciare perché davvero avrei spaccato tutto proseguendo
per quelle strade dissestate e sterrate di campagna), si ottengono firme e si
riparte. Andiamo a Makreš, da Aleksandra Trajković, da Andjela Aleksić, da Dragana Antić. Poi, ci dividiamo. Ilarion e il
fotografo vanno in altri villaggi, io e Vesna andiamo con un serbo del posto a
casa di due famiglie più facilmente (eufemismo!) raggiungibili. Siamo a Koretište dalla famiglia di un prete ortodosso, Kovacević e dalla famiglia Stojković. Ci chiedono dell'iniziativa, dell'associazione, qualcuno pensa io sia titolare di una Travel Agency! Vesna riesce a superare il mio iniziale senso di scoramento, spiegando bene quale è il vero motivo del nostro essere lì, con loro.
Torniamo e aspetto Ilarion davanti una casa buia e isolata dove,
al piano superiore, c’è una specie di bar dove prendo un succo. Un ragazzo si
presenta, gli hanno detto che sono italiano. Vive a Schio, è serbo e torna ad
agosto nel villaggio di Straža, qui vicino, da parenti
e amici. E’ fantastico sentirlo parlare in veneto e poi in serbo, con gli
amici. Si chiama Nemanja e mi chiede cose. Al solito, che ci fai qui e perché e
com’è… gli racconto e lui pure mi dice del suo lavoro in una falegnameria del
Veneto e del padre, tornato perché al contrario, sempre in Veneto, la sua falegnameria
ha chiuso. E della situazione dei villaggi.
Arriva Ilarion, ha completato il giro ma bisogna sviluppare le
foto. E’ mezzanotte, raggiungiamo lo studio dove lavora il ragazzo, Marko. Il
padrone dello studio raccoglie le foto e le manda in stampa. Nel frattempo,
saliamo nella bella casa di Marko, dove vive col fratello, Miloš
e con i genitori. Ilaron si addormenta. Al risveglio, sono prontele foto… ma lui si
mangia tutte le cioccolate messe sul tavolo da Marko. E ne chiede un'altra da portarsi. dietro “E’
finito il digiuno per la Dormizione di Maria!”, ci dice con aria allegra.
Arriviamo a Draganac a notte fonda. Ci si arrangia per dormire,
la stanza migliore viene data a Vesna, la cavalleria non è solo roba per laici.
Il giorno dopo, alle 7, ci si sveglia per ripartire. Ilarion mi invita nella chiesa
per una breve visita e, dopo una breve colazione con Justine, monaco da poco
tempo, dopo una vita molto movimentata…, Petar, un giovane monaco e Kiril, l’anziano
predecessore di Ilarion, andiamo dal sindaco di Novo Brdo dove, ci dice
Ilarion, ci firmeranno gli atti di assenso, scritti in italiano ma non timbrati
e ritenuti inaccettabili dall’ufficio visti di Priština.
Entriamo in questo palazzetto di 3 piani, fra gente che guarda
Ilarion di traverso e gente che lo saluta amichevolmente. Cerca di parlare
albanese, Ilarion e la cosa, ovviamente, è apprezzata. Entriamo, dopo breve
trafila, nella stanza del sindaco, un uomo ben vestito e apparentemente
cortese, dove spicca un bandierone americano alle sue spalle, con stelle e
strisce nei quadri alle pareti.
“Sembra de sta n’er Kansas city!” direbbe Alberto Sordi. Invece
siamo solo nel Kosovo orientale, in uno sperduto villaggio. E questo sindaco,
che crede di appartenere alla 51.a
stella degli USA non crede, però, alla parola di Ilarion, perché questo timbro
non arriva. Ilarion compila una richiesta che poi non potrà stampare. Ne
compilano una loro, con l’elenco dei ragazzini, la timbrano, la firmano, ci
allegano le fotocopie degli assensi, salvo perderne tre originali che mai più
saranno ritrovati! La solerte segretaria del sindaco li ha fotocopiati tutti ma
ne ha perso tre originali. Così, usciamo da questo posto assurdo senza tre
originali degli assensi, senza i timbri, con tre ore in meno da poter
utilizzare! Abbiamo perso tempo, nonostante l’ottimismo, forse ingenuo o forse
rassegnato, di Ilarion.
Ma qualcosa di positivo ci sta guidando. Ci sono gli assensi in
serbo, forse andranno bene. Sono tutti, gli ultimi li prendiamo a Gračanica
dove ripassiamo. Sono firmati, sono timbrati, sono ufficiali. E abbiamo tutto
il resto. Andiamo in fretta a Priština, sono le 13. Ma i funzionari sono appena andati in
pausa pranzo… Aspettiamo davanti l’ambasciata lo scorrere lento del tempo, non
curandoci delle occhiatacce che ci mandano gli albanesi che passano per la
stretta via davanti l’ambasciata. Io a volte rispondo con sguardo altrettanto
torvo, mi viene spontaneo, a difesa della tonaca di Ilarion, ovviamente
malvista. Ma nessuno farà commenti o provocherà (c'è comunque la polizia davanti l'ambasciata...) e così, verso le 14,30, finita
questa lunga pausa pranzo, ecco che arriva il signor Petani che accoglie tutta
la documentazione. Sembra tutto a posto, stavolta e ci dice che per domani alle
16 ci saranno i visti. Non per tutti, perché 3 passaporti sono serbi e non
hanno bisogno di visto. Ma ci dice pure
che l’ambasciatore non è stato contento di tutta questa approssimazione.
Umilmente mi scuso, do ragione all’ambasciatore e assicuro che le prossime
volte saremo più corretti. Ma i ragazzi partiranno…
Sulla strada del ritorno non posso non fermarmi, dopo un
semaforo, a riprendere con la videocamera la statua bronzea di Bill Clinton, il
“padre della Patria kosovara-albanese”, all’ingresso della Bill Clinton
boulevard! Davanti a spettacoli così, come davanti alla statua della libertà su
un lussuoso hotel di Priština, non sai mai se ridere o piangere.
Forse tutte e due le cose avrebbero senso, come sempre in Serbia. Sorrisi e lacrime, matrimoni e
funerali. Questo sa più di funerale… e non sembra esserci più molta Serbia,
qui.
Dormiamo ancora a Gračanica, dopo aver mangiato
e bevuto qualcosa, rilassandoci dopo lo stress, presso una famiglia di amici di
Ilarion. Il giorno dopo lo lasciamo e rientriamo a Kraljevo. Ilarion mi avrebbe
chiamato alle 17 per dirmi che tutti i visti li aveva con se. Io ero stato poco
prima a Gazimestan e, dall’alto della torre che ricorda la battaglia del 28
giugno del 1389, dove l’esercito del principe Lazar fu sconfitto dai turchi, un
silenzio irreale, rotto dal vento e una vista magnifica mi riportavano a
emozioni lontane. Davvero quell’esercito difendeva il suolo sacro dei
monasteri, ma anche la nostra “beneamata, civile, democratica Europa”. Che
oggi, sembra aver dimenticato che anche questi serbi umiliati e disprezzati,
sono figli suoi.
Il primo settembre, un nuovo ritorno in Italia. Alle 5,30 di
mattina si parte. Arriveremo per le 20. Con me, altri tre ragazzi serbi, anche
loro nati in Kosovo e Metohija. Ceca e Sonja ospitate per anni presso le nostre
case, d’estate e Miloš, in vacanza in Italia solo lo scorso anno,
con il primo gruppo dai villaggi della Metohija. Vengono in Italia per
studiare all'università di Roma "Tor Vergata". Altre piccole gocce, nell’oceano della speranza.
1 commento:
complimenti.. nn ho ancora letto tutto.. ma spero proprio di farlo nn appena nn mi bruciano gli occhi.. grande !!!
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