mercoledì 17 dicembre 2008

My name is Luka...

My name is Luka... cantava anni fa Suzanne Vega, in una vecchia canzone.
Sono all’aeroporto, arrivi internazionali, con un cartello in mano, dove c’è scritto proprio “Luka”. Quando uscirà mi vedrà, ne sono certo.
Passa un po’ di tempo ma, alla fine, eccolo lì. Lo vedo, lo riconosco, non può essere che lui, anche se lui del cartello proprio non si accorge. Gli vado incontro...
Sdravo, Luka, dobro dosli!”, ciao Luka, benvenuto e lui mi sorride con i suoi occhi vispi e luminosi. Anche se... Anche se Luka è qui per farsi operare proprio a un occhio, il sinistro. Neuroblastoma, è la diagnosi che non lascia scampo.
Ma Luka di queste cose ne sa davvero poco. Ha tre anni, Luka e la sua giovane mamma, Jelena, lo stringe a se mentre li accompagno a Siena, all’ospedale pediatrico dove esiste un reparto specializzato per la cura e gli interventi all’occhio per quel tipo di male.
Nello specchietto retrovisore passano tante immagini, come icone religiose, un’unica religione... la madre col bambino.
Sono icone dissacrate dalla malattia e dalla guerra che le provoca, guerra che ha distrutto e contaminato il suolo della Jugoslavia, tutta.
Jelena e Luka vengono da Kragujevac, la Torino della Jugoslavia, la chiamavano... 100 km a sud di Belgrado, in Serbia, dove, dopo i bombardamenti del 1999, i medici consigliavano le donne a non fare figli per almeno tre anni. Consiglio che non è stato sufficiente e che si è rivelato inutile perché, anche facendoli dopo, questi figli si ammalano. E sono tanti, troppi, sempre di più.
A Siena vengono ben accolti. C’è un uomo che funge da interprete, viene dal Kosovo, è un goranci, etnia di discendenza turca. E’ buono e disponibile, si vede. Dice che parla e capisce tutte le lingue della ex Jugoslavia, che è dovuto fuggire anche lui, che il Kosovo è ridotto a terra di conquista per invasori stranieri e per il malaffare. E che, fra serbi e albanesi, loro, i goranci, stanno nel mezzo. E non è un bello stare...
Ma i goranci, ora, si trovano anche in Serbia!” gli dico. E lui dice che si, questo è vero e non hanno problemi a starci mentre, in Kosovo, è divenuta impossibile qualsiasi forma di convivenza.
Una cosa, però, resta a unire tutti, come una sorta di cappio al collo... la malattia.
Tutti, ormai, hanno in famiglia qualcuno che in questi anni si è ammalato di tumore o di malattie del sangue. Come in un gioco perfido del destino tutti, albanesi o serbi, goranci o rom, accomunati dallo stesso problema... le malattie insorte dopo l’inquinamento dovuto alle bombe!
Ma Luka, intanto, gioca nel mini parco del reparto pediatrico e non sembra preoccuparsi molto di quello che gli sta intorno e che gli deve apparire nuovo e insolito. La mamma, meno inconsapevole, se lo guarda premurosa.
Mi insegnano che l’occhio malato si riconosce dalla luce più intensa che sembra emanare. L’occhio più luminoso, quello, verrà asportato. Estirpato, perché quella luce, così intensa e luminosa, inganna. E uccide.
Un po’ come la luce dei bombardamenti. Inganna. E uccide. Ma quella, di luce, nessuno riesce mai ad asportarla, né ad estirparla.
Entrano nel reparto degenze, indossano le cuffie e le protezioni per scarpe e vestiti. Si sistemeranno. La degenza sarà lunga. Ma la storia la conosco...
Abbraccio Jelena, le faccio gli auguri “Puno Srece, Jèlena!”, “Hvala!” mi risponde.
E saluto Luka, che mi batte il cinque. Che i tuoi occhi possano continuare a sorridere, piccolo Luka. Tutti e due, insieme a Te.
Me ne torno a casa con la mia vecchia auto, sussurrandomi a mente “My name is Luka...”. Domani avrò le prove per le progressioni verticali. Stasera, forse, studierò.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Aspettiamo notizie di Luka allora..
clarì

Anonimo ha detto...

aspettiamo, insieme... che da più speranza... :-/
ale

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

I will not concur on it. I over polite post. Specially the title-deed attracted me to be familiar with the intact story.

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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